Marò, l’India minaccia:«Nessun compromesso»

Mostra il muso duro il governo di New Delhi sul caso dei marò italiani accusati di pirateria alla vigilia del pronunciamento del presidente della Corte Suprema, il giudice B.S. Chauhan atteso per oggi pomeriggio. «Non ci saranno compromessi. Non abbiamo intenzione di retrocedere in nessun modo nel caso» ha affermato, ieri, deciso il ministro della Difesa indiano, Ak Antony, secondo quanto riferisce l’emittente Ndtv. «Andremo avanti in base alle leggi indiane», ha aggiunto il ministro parlando con i cronisti a Kochi, nel Kerala la sua regione che è la stessa dei due pescatori ritenuti vittime del fuoco dei fucilieri di Marina italiani Massimiliano Latorre e Salvatore Girone che li avrebbero scambiati per «pirati». Per questo da due anni i militari italiani imbarcati come scorta su di una nave mercatile italiana, restano agli arresti in India, in attesa di un processo con il rischio di vedersi condannati a morte. Il ministro Ak Antony rispondeva a una domanda sull’atteggiamento del governo verso il caso; in particolare gli era stato chiesto se ci fosse stato qualche «ammorbidimento» della posizione in relazione all’applicabilità o meno del cosiddetto Sua Act, la legge anti-terrorismo, perché si sarebbe escluso l’utilizzo degli articoli che prevedono la pena di morte. È su questo punto che sarebbe chiamato ad esprimersi il presidente della Corte Suprema indiana. Anche se, secondo il Times of India, il governo di New Delhi avrebbe deciso di abbandonare la richiesta del Sua Act e di ricorrere al codice penale ordinario indiano. Sarebbe l’ennesimo cambio di posizione. Per il ministro degli Esteri indiano «l’ultima parola spetta comunque al presidente della Corte Suprema, il giudice B.S. Chauhan». Oggi potrebbe essere il giorno più che della verità, della chiarezza.
La promessa di Renzi
Comunque resta caldissimo il dossier dei due marò italiani prigionieri in India ereditato ora sul tavolo del nuovo premier Matteo Renzi. Tra i primi atti compiuti dal nuovo presidente del Consiglio subito dopo l’insediamento a Palazzo Chigi, sabato scorso, è stato proprio quello di telefonare a Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, in residenza coatta nell’ambasciata italiana a New Delhi. Ha espresso loro «la propria vicinanza e determinazione» affinché «possano presto tornare a casa» informava una nota di palazzo Chigi. «Consideriamo il vostro caso una priorità - aveva assicurato il premier - siamo pronti a fare tutto quanto è in nostro potere per arrivare il più rapidamente possibile ad una soluzione positiva». «Faremo semplicemente di tutto» per riportarli in Italia, aveva ribadito Matteo Renzi su twitter. Anche Roberta Pinotti, neo-ministro della Difesa, aveva confermato che la vicenda dei due fucilieri è una delle priorità dell’esecutivo. I marò «sono il primo pensiero, la prima preoccupazione che dobbiamo avere» aveva ribadito anche la nuova responsabile della Farnesina, Federica Mogherini. Tra i primi atti da loro compiuti vi è stato quello di contattare telefonicamente i due fucilieri di Marina ringraziandoli «per la dignità dimostrata nell’affrontare una prova così dura durante i due lunghi anni in cui sono stati trattenuti in India».
Il ministro degli Esteri, Mogherini in continuità con l’azione di Emma Bonino, ha ribadito «come il caso resti prioritario, garantendo la continuità di attenzione al riguardo da parte dell’attuale governo, anche circa gli aspetti di internazionalizzazione della vicenda ed il possibile ricorso a tutti gli strumenti consentiti». La linea del precedente governo era stata espressa dal premier Enrico Letta che aveva definito: «Inaccettabile l’imputazione proposta dalle autorità indiane. L’uso del concetto di terrorismo è da rifiutare in toto. Italia e Ue reagiranno». E dall’India l’inviato speciale del governo Staffan de Mistura incaricato di seguire la vicenda, aggiungeva: «Abbiamo riproposto con forza la richiesta che i marò tornino in Italia». Sempre a febbraio con una nota formale Palazzo Chigi ribadiva che «l’eventuale ricorso da parte indiana alla legge sulla sicurezza marittima oltre a ledere la dignità dell’Italia e dei marò avrebbe conseguenze negative nei rapporti con l’India e nella lotta globale contro la pirateria». Così il governo Letta rispondeva all’intenzione delle autorità di New Delhi di utilizzare la «Sua Act», la legge indiana contro il terrorismo in mare, al caso dei due marò Salvatore Girone e Massimiliano Latorre. Con il ministro degli esteri Emma Bonino ha anche chiamato in causa l’Ue e chiesto, con poca fortuna, l’intervento delle Nazioni Unite. Smentite le indiscrezioni pubblicate dalla stampa: «Andremo avanti in base alle leggi indiane»
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