Filippo Grandi e i bimbi palestinesi: «Grazie Italia, moltiplicati gli aiuti»

Dalla Rassegna stampa

Nel 2103 l'Italia ha portato da 1,5 a oltre 8 milioni di euro l'aiuto all'Unrwa, l'agenzia Onu per i rifugiati palestinesi. Non sono cifre iperboliche - gli Stati Uniti danno oltre 250 milioni di dollari l'anno ma è «il segnale di un'importante inversione di tendenza nei confronti della cooperazione, tanto più in tempi di crisi e tanto più quando si cerca di affrontare alla radice i problemi che generano gli esodi verso le sponde italiane». Lo dice Filippo Grandi, commissario generale dell'Unrwa, il funzionario italiano più alto in grado nel sistema delle Nazioni Unite. Il suo riferimento è alla presenza di rifugiati palestinesi dalla Siria nelle zattere che sbarcano a Lampedusa. «È la prima volta che i profughi palestinesi del 1948 o i loro discendenti cercano rifugio fuori dalla regione. Ed è la prova dell'enormità della tragedia in corso. In Siria, prima dell'inizio della guerra civile, c'erano più di 500 mila rifugiati. Oggi buona parte di questi sono in fuga, nel solo Libano se ne sono riversati già so mila, mentre quelli che rimangono sono spesso presi tra due fuochi. Il risultato è che il nostro lavoro è quasi tutto dedicato all'emergenza in condizioni pericolosissime: 8 dei nostri collaboratori palestinesi sono morti e di altri 17 non abbiamo più notizie da mesi».

Grandi ha appena concluso una visita a Roma, dove ha incontrato il ministro degli Esteri Emma Bonino e il suo vice Lapo Pistelli, la presidente della Camera Laura Boldrini e i membri della sotto-commissione parlamentare per i diritti umani. Sono 5 milioni oggi i rifugiati palestinesi cui l'Unrwa assicura servizi sociali di base, come sanità e soprattutto educazione: ogni giorno 500 mila bambini palestinesi frequentano una delle scuole gestite dall'agenzia. «Con gli anni si è creato un servizio pubblico internazionale unico, a sostegno della popolazione dei rifugiati. Purtroppo, le crisi che hanno sconvolto la regione hanno avuto un impatto disastroso sulla situazione dei palestinesi e ogni volta questo costringe l'Unrwa ad agire in emergenza da agenzia umanitaria tradizionale - distribuzione di viveri e medicinali, centri di raccolta - sottraendo energie e risorse al lavoro normale». Tutto ciò riporta alla questione originaria: la soluzione del conflitto arabo-israeliano, in queste settimane tornato in cima all'agenda diplomatica americana. «Da quando sono in Medio Oriente, ho visto parecchi tentativi partire e fermarsi. Ogni volta c'è stato pubblico scetticismo e segreta speranza. Stavolta la speranza mi sembra un po' meno segreta. Secondo gli americani, ci sono già stati 13 o 14 incontri e trovo importante la segretezza imposta, visto che in passato è stata spesso la fuga di notizie ad affossare i tentativi. Credo ci sia la consapevolezza che questa sia un po' l'ultima chance: non è pensabile che l'investimento politico, mediatico e morale degli Stati Uniti possa essere ripetuto in futuro se fallisse. Qualsiasi presidente americano ci penserebbe due volte prima di agire. Tutti questi elementi ci inducono a un cauto ottimismo».

 

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