Zurigo, suicidio assistito anche per gli stranieri

Dalla Rassegna stampa

Quello che viene chiamato il «turismo della dolce morte» potrà continuare: i malati terminali o in coma vegetativo che vorranno essere aiutati a passare all'altro mondo, potranno come sempre - recarsi in Svizzera. Un duplice referendum, che si è tenuto nel cantone di Zurigo, ha ribadito questa possibilità.

Nella confederazione elvetica l'eutanasia attiva e diretta è vietata dalla legge. Non così, invece, quella indiretta (impiego di mezzi per alleviare le sofferenze, che come effetto secondario possono abbreviare la vita) e quella passiva (rinuncia o sospensione di terapie di sostentamento vitale) che sono autorizzate, come lo è il suicidio assistito.

Come in ogni altra parte del mondo, la materia è molto controversa e interroga profondamente le coscienze anche degli svizzeri. Tant'è che, su iniziativa dell'Udf, un partito conservatore di ispirazione cristiana, gli abitanti di Zurigo e della sua circoscrizione sono stati chiamati a pronunciarsi su due quesiti: il primo per proibire l'eutanasia in assoluto, il secondo per limitarla, almeno, ai soli locali, senza la possibilità di estenderla agli stranieri. La prima proposta ha registrato solo il 15% dei consensi, la seconda è arrivata al 20%. Insomma gli svizzeri, direttamente o indirettamente, hanno detto che le cose possono restare così, e chi vuole può andare a morire lì se non glielo lasciano fare in pace a casa sua. La scarsa partecipazione al referendum zurighese è dovuta anche alla sostanziale indifferenza con cui il referendum è stato affrontato dagli altri partiti.

Nel Paese si registrano in media 1.400 suicidi all'anno, pari al 2,2% del totale dei decessi. Nel 2003 il 19% dei suicidi è stato assistito da un' organizzazione. Nel 2007 questa percentuale è salita al 29%. Le persone venute dall'estero per togliersi la vita in Svizzera rappresentavano il 6,5% nel 2003 e il 9,7% nel 2007. Solo dall'Italia varcano il confine 2-3 persone gravemente malate ogni mese. L'intera operazione costa circa 3 mila euro.

«Gli italiani ora sanno - dice Emilio Coveri, presidente di Exit Italia, Centro di studi e documentazione sull'eutanasia - che c'è un modo per morire dignitosamente quando la malattia ti aggredisce togliendoti ogni dignità, fino a che ti spegne tra atroci sofferenze». I circa 30 italiani che nell'ultimo anno hanno varcato il confine per accedere alla «dolce morte» si sono rivolti a due associazioni, entrambe Svizzere: «Diciotto - spiega Coveri - erano stati informati di questa opzione da noi, gli altri si sono mossi da soli».

«Il fallimento del tentativo referendario di fermare l'eutanasia legale nel cantone di Zurigo - dice il radicale Marco Cappato - ci conferma che quando la gente può informarsi e dibattere su un tema così delicato sceglie la legalità e il controllo invece della illegalità e della clandestinità. È una bella lezione per il potere italiano, visto che da noi non è solo proibita l'eutanasia, ma lo stesso dibattito sull'eutanasia».

Il controcanto a questa lettura degli eventi viene dalla sottosegretaria alla Sanità Eugenia Roccella: «Non credo che ci saranno grandi migrazioni di italiani verso la Svizzera, tuttavia quanto è avvenuto - dice l'esponente cattolica del Pdl - sta a dimostrare quanto sia importante che si vari presto in Italia una legge sul testamento biologico. Noi pensiamo che la libertà di scegliere le terapia ci debba essere ma il suicidio debba essere chiaramente vietato dalla legge».

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