Il voto negato

Dalla Rassegna stampa

Nelle ultime settimane si è fatto un gran parlare - e a ragione - del diritto di voto degli universitari in Erasmus, esclusi dall'elenco degli italiani ai quali è riconosciuta la facoltà di esercitarlo all'estero. Il voto degli studenti oltreconfine non è però il solo a rischio. Sono migliaia i cittadini che con ogni probabilità il 24 febbraio prossimo non potranno recarsi alle urne, pur trovandosi sul territorio nazionale: a separarli da questo diritto fondamentale non è infatti una frontiera, ma le mura di cinta di un carcere. Ebbene sì: forse non tutti lo sanno, ma i detenuti votano. O almeno possono farlo, secondo la legge, coloro che sono reclusi in custodia cautelare o per reati non ostativi, e che quindi conservano i propri diritti civili. Nel 2008 si contavano nelle nostre carceri circa trentamila italiani aventi diritto, eppure i votanti furono meno di 1400. Responsabile del vertiginoso tasso di astensionismo una burocrazia complicata e farraginosa, unita alla generale disinformazione sulle procedure che i detenuti devono intraprendere per essere ammessi al voto dietro le sbarre. Così, per scongiurare il pericolo che questa fetta di elettorato fosse tagliata fuori anche dalla prossima tornata elettorale, lo scorso dicembre le commissioni Affari Costituzionali e Giustizia della Camera avevano approvato una risoluzione, promossa dai deputati radicali, che impegna il governo ad adottare tutte le misure necessarie per assicurare l'effettivo esercizio del diritto di voto nelle carceri. Tutto bene quel che finisce bene, dunque? Nemmeno per sogno. Quando pochi giorni fa sono comparse sul sito del Viminale le modalità di voto. per le categorie di cittadini impossibilitati a spostarsi, è apparso subito chiaro che anche stavolta lo stato di illegalità del sistema penitenziario italiano avrà la meglio sulla democrazia. Infatti, in merito alle elezioni regionali che si svolgeranno in Lombardia, Lazio e Molise, il ministero dell'Interno specifica che «i detenuti saranno ammessi al voto purché siano elettori di una delle regioni interessate, cioè siano iscritti nelle liste elettorali di uno dei comuni della regione, e purché siano reclusi in istituti penitenziari della regione medesima». Criteri che negano ogni possibilità di votare ai tantissimi che si trovano detenuti fuori dalle proprie regioni di residenza, peraltro in contrasto con la cosiddetta "territorializzazione della pena": principio sancito dall'ordinamento penitenziario e quotidianamente tradito a causa del grave sovraffollamento carcerario. «Una decisione scandalosa», secondo la radicale Rita Bernardini, prima firmataria della risoluzione sul voto dei detenuti, che ha già annunciato un ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo. Dove probabilmente i giudici non resteranno sorpresi, quando sapranno che in Italia i diritti civili dei detenuti sono violati esattamente come quelli umani.

 

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