Un messaggio appeso al Colle

“Se e non ora, quando? Se non così, come?", con questi versi di leviana memoria si conclude una lunga e dettagliata lettera-appello al Presidente della Repubblica firmata da oltre cento docenti universitari, tra costituzionalisti e penalisti, che a Napolitano chiedi:irto di far ricorso allo strumento del messaggio alle Camere, «affinché il Parlamento eserciti finalmente le proprie prerogative, per dare una contestuale risposta, concreta e non più dilazionabile, sia alla crisi della giustizia italiana che al suo più drammatico punto di ricaduta, le carceri». Sì, perché l'ormai nota questione di prepotente urgenza, sollevata un anno fa dal Capo dello Stato in persona, nei mesi a seguire è stata miseramente lasciata cadere da chi, nelle sedi istituzionali competenti, avrebbe invece dovuto raccoglierla e poi affrontarla, con provvedimenti drastici e immediati. Tuttavia bisogna riconoscere che è stata apparentemente accantonata, la prepotente urgenza, anche dallo stesso inquilino del Quirinale. Che nell'ultimo anno è intervenuto con decisione e in maniera spesso determinante sulle vicende politiche del paese, ma mai con toni e parole ugualmente gravi sulla bancarotta della giustizia e l'emergenza carceraria, verso le quali ha invece prevalso un atteggiamento timido. Dolosamente timido, sarebbe da dire, visto che in questi mesi Napolitano è stato più e più volte sollecitato, soprattutto dai Radicali e dal loro instancabile leader. Pannella. Chiamato a farsi carico, in quanto Garante della Costituzione, di una situazione che da tempo ormai ha sconfinato il perimetro della legalità costituzionale. Situazione puntualmente descritta dai cento accademici, che nella loro lettera passano in rassegna le numerosissime violazioni della legge e dei diritti • umani determinate dalla crisi della giustizia e dalle condizioni vergognose delle nostre prigioni, e sanzionate dagli organismi sia interni che internazionali di garanzia. E infine spiegano perché tecnicamente l'amnistia accompagnata da un provvedimento complementare di indulto rappresenti il solo strumento in grado di riportare il sistema della giustizia italiana e la sua appendice penitenziaria nei paletti della legalità.
Come? Ripristinando il diritto a un processo dalla durata ragionevole riconosciuto dalla Costituzione e dalla Corte Europea dei Diritti Umani - e il principio di eguaglianza nell'esercizio dell'azione penale; favorendo una riorganizzazione degli uffici giudiziari e una redistribuzione dei carichi di lavoro tra giustizia penale e giustizia civile. Oltre a produrre un effetto deflattivo sulle carceri sovraffollate. Non un atto di clemenza, dunque, ma una grande proposta di riforma che Marco Pannella e il Partito radicale rilanceranno il prossimo 18 luglio con quattro giorni "di nonviolenza, di sciopero della fame e di silenzio". Perché il silenzio non vinca.
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