Un governo che può durare, ma soltanto se non c’è giustizia

“In Italia il fenomeno della corruzione è più grave che negli altri paesi dell’Ocse e in alcuni paesi non membri”. Non ha rivelato nulla di nuovo l’Organizzazione per la cooperazione economica europea nel rapporto reso noto la scorsa settimana, che segnala tra l’altro il livello “senza precedenti” degli abusi nelle amministrazioni regionali. Ma, entrando nel merito, ha enumerato una serie di modifiche legislative essenziali per dare all’Italia una buona “governarne pubblica”, che è la premessa della crescita economica.
Il problema è che, come è già apparso evidente dalle dichiarazioni programmatiche del presidente del Consiglio, il tema della giustizia è tra i tanti (Imu docet) che il governo Letta non potrà toccare per non rimanere immediatamente fulminato. L’Ocse non solo condanna il dimezzamento dei termini di prescrizione introdotto nel 2005 dalla famigerata legge ex Cirielli, confezionata su misura per le grane giudiziarie di Berlusconi e di tangenti delle vane cricche, ma suggerisce anche cosa si può fare: “includere nel calcolo dei termini di prescrizione per i reati di corruzione la durata intera del processo e le procedure di appello per tutte le cause penali”.
Naturalmente, oltre che sullo “sconcio” delle prescrizioni, come lo ha definito il professor Carlo Federico Grosso, occorrerebbe una vera legge anticorruzione, con il ripristino del falso in bilancio e l’introduzione di pene per l’auto riciclaggio. Ma chi può pensare che questo possa accadere, se soltanto poche ore dopo l’insediamento del nuovo governo, Renato Brunetta ha già minacciato la crisi se non ci sarà l’abolizione dell’Imu sulla prima casa, che gli economisti di mezzo mondo sconsigliano caldamente con argomenti ben più solidi di quelli del Nobel in sedicesimo berlusconiano?
Ma più i sondaggi danno in crescita il Pdl fino a farne di nuovo il primo partito, più Berlusconi e i suoi rivendicheranno il ruolo di azionisti di riferimento, con un’escalation di richieste. Vedrete che rispunteranno prestissimo a terremotare il già fragilissimo equilibrio del governo Letta i pasdaran anti-intercettazioni telefoniche, che non vedono l’ora di imbavagliare indagini e informazione, con buona pace dell’Ocse e di tutti gli organismi internazionali che mettono la corruzione ai primi posti tra le ragioni del declino italiano. L’unico spazio di manovra che probabilmente resterà al ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri, che come primo atto è andata a visitare Regina Coeli, sarà quello dell’amnistia. Che l’affollamento delle carceri sia una barbarie condannata in tutto il mondo è fuori discussione.
Si potrebbe varare il disegno di legge già presentato in Senato che contiene misure alternative al carcere e la depenalizzazione di alcuni reati già allo studio al ministero. E già sono sul tavolo anche amnistia e indulto. Che si possono realizzare in modi diversi. Avranno la forza Letta e Cancellieri di resistere alla tentazione prevedibile dell’azionista di riferimento di favorire qualche suo condannato eccellente? Tra i tanti fili ad alta tensione che Letta non può toccare, quello della giustizia è il più pericoloso. E contribuisce ad avvalorare la profezia del dissenziente piddì Pippo Ovati sull’orizzonte temporale del governo. Diciotto mesi? Decisamente troppi.
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