Un altro suicidio in carcere Oggi Severino in audizione

Dalla Rassegna stampa

Ci saranno almeno 700 fantasmi, oggi pomeriggio in Senato. Sono quelli dei detenuti che dal 2000 ad oggi hanno deciso di togliersi la vita nel chiuso di una cella. Non è difficile immaginarli seduti accanto ai senatori che, in commissione Diritti umani, ascolteranno l'audizione del Guardasigilli Paola Severino. L'ultimo di questi fantasmi si è aggiunto al gruppo soltanto sabato scorso, ed è già il decimo dall'inizio dell'anno.

Si chiamava Alessandro Gallelli. Aveva 21 anni compiuti da poco ed era detenuto da 4 mesi in attesa di giudizio nel carcere di San Vittore, a Milano. Si è impiccato con la giacca della tuta nel reparto di psichiatria dove doveva incontrare lo psicologo. Era accusato di violenza sessuale e molestie ai danni di ragazze minorenni. A darne notizia è stato l'Osservatorio permanente sulle morti in carcere, aggiungendo una circostanza: Gallelli, il quale si dichiarava innocente, avrebbe denunciato di aver subito violenze. Su questo punto, però, si è aperta una polemica.

Secondo quanto riferito dall'Osservatorio, Gallelli avrebbe raccontato ai genitori di essere stato oggetto di abusi da parte di altri detenuti. «Il pestaggio - si fa osservare dall'Osservatorio - è infatti un triste "classico" del codice che vige in prigione nei confronti di chi è imputato di reati sessuali». Lo stesso Osservatorio rileva poi che «dal carcere garantiscono comunque che il giovane era in isolamento e che quindi non poteva essere vittima di pestaggi o percosse».

Ieri i familiari del giovane sono rimasti in silenzio. Non altrettanto ha fatto il vertice del penitenziario milanese. «Lo escludiamo», hanno fatto sapere a proposito della ipotesi che Gallelli sia stato fatto oggetto di abusi. E hanno aggiunto: questa vicenda «ci sta distruggendo anche perché non sembrava essere un soggetto a particolare rischio e nei giorni precedenti non aveva manifestato segnali che potessero far presumere un fatto come questo». Inoltre, da fonti giudiziarie emergerebbe che nel marzo scorso il ragazzo era stato sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio e che di recente avrebbe manifestato comportamenti aggressivi nei confronti di altri detenuti. Presto sarebbe stato sottoposto a perizia psichiatrica, e ciò anche per valutare la sua compatibilità con il carcere. Lo aveva stabilito il gup di Milano soltanto venerdì scorso, ossia il giorno precedente al suicidio.

Non c'è stato il tempo. E, però, adesso sulla vicenda farà chiarezza la magistratura. Da sabato è al lavoro il pm Giovanni Polizzi il quale ha aperto un fascicolo per ora senza ipotesi di reato. E anche via Arenula ha disposto che si accerti come si sono svolti i fatti.

Qualunque sarà l'esito di queste indagini, una cosa è certa: si è da poco scollinata soltanto la metà di febbraio e già i suicidi in cella sono 10. È una strage assurda, infinita, che prosegue senza che nulla appaia in grado di fermarla. Poi ci sono anche gli agenti di custodia: dal 2000 sono 85 i suicidi, e anche in questo caso gli ultimi morti sono recentissimi, risalendo appena al 16 e al 18 febbraio scorsi.

È chiaro che il Guardasigilli, nonostante abbia incassato il sì del Parlamento al decreto ribattezzato, a seconda dei punti di vista, svuota-carceri o salvacarceri, sarà chiamata a dare risposte a una situazione che si trascina da anni. E questo anche perché quella di oggi è l'ultima audizione di un ciclo che va avanti da circa un anno e che servirà, in tempi ormai abbastanza brevi, a fare il punto della situazione sulla situazione nelle carceri, sempre più esplosiva. E la Severino troverà anche chi squadernerà di nuovo sul tavolo il dossier amnistia.

«Noi - dice Marco Perduca, radicale eletto in Senato nelle liste del Pd - riteniamo che la situazione sia al di fuori della legge, tanto che non si può più neppure parlare di emergenza carceri. È ormai il sistema giustizia che non funziona. Se non si parte da qui, è inutile discutere di singole questioni, siano esse il carcere o la responsabilità civile dei magistrati. Occorre che si affrontino i nodi tutti insieme, proprio perché ormai è il sistema ad essere fuori legge. Per questo l'amnistia rimane la prima riforma necessaria». E di amnistia, oltre che del ricorso a pene alternative, ieri ha parlato anche un altro senatore pd, Francesco Ferrante.

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