Il trio manetta M5S-Lega-Fdi litiga su Napolitano. Renzi disinnesca l’amnistia

È la giustizia, bellezza. C’è il debutto del "trio manetta" M5S-LegaFdi, unito nella lotta contro i poveri cristi detenuti sulla cui pelle racimolare un pugno di voti in più alle europee, che fa fuoco e fiamme contro il cosiddetto decreto "svuota-carceri" ma poi si spacca sull’impeachment’per Napolitano: voluto fortissimamente da Grillo ma non da Matteo Salvini («La Lega voterebbe no») e men che meno da La Russa. C’è, a latere del "trio manetta", la massimalista Sel per cui occorrerebbe sempre «ben altro» e c’è Forza Italia: garantista sì, ma ad personam. Dall’altra parte, sul tema giustizia, c’è il diesel del Pd che s’è messo in moto da dicembre. Matteo Renzi, applicando la tattica del carciofo, foglia dopo foglia, ha già quasi portato a casa la riforma della custodia cautelare - approvata dalla camera e all’esame del senato - e adesso, sostenendo a spada tratta il decreto carceri del governo Letta, sta sminando il terreno dall’opzione amnistia, proposta e sostenuta dai radicali di Pannella e rilanciata dal messaggio al parlamento di Napolitano dell’ottobre scorso su prigioni e giustizia. Dopo il sì al voto di fiducia di martedì sul decreto, dopo la rumorosa battaglia ostruzionistica di grillini e leghisti sugli ordini del giorno protrattasi ieri fino a sera, oggi a Montecitorio si converte in legge con voto finale il testo che passa al senato per l’approvazione entro il 21 febbraio.
«Un obbligo imposto dalla nostra coscienza e da una sentenza dell’Europa, in un testo che contempera garanzie umanitarie e esigenze di sicurezza», s’è sottolineato ieri da parte del Pd, che non manca di evidenziare «la perfetta coincidenza di slogan e luoghi comuni tra grillini e leghisti». Tanto infondati che persino la manettomane FdI dell’avvocato La Russa se n’è distanziata. Su ogni singolo caso di scarcerazione in applicazione del decreto vigila infatti il tribunale di sorveglianza: il che tronca ogni pretestuoso argomento sui presunti delinquenti pericolosi e mafiosi che sarebbero messi in libertà. Ieri, intanto, da Strasburgo Giorgio Napolitano ha ricordato che «se non ci saranno risposte alla Corte dei diritti umani sullo stato delle carceri, l’Italia sarà condannata a pagare cifre enormi, centinaia e centinaia di milioni di euro. Le accuse sono pesantissime, siamo con le spalle al muro». Il messaggio del capo dello stato su carceri e giustizia doveva essere dibattuto domani a Montecitorio, ma l’appuntamento già rinviato - slitterà a dopo l`approvazione della legge elettorale. Nel messaggio Napolitano chiedeva una riforma della custodia cautelare, sollevava il tema della capienza delle carceri e, infine, quello di provvedimenti di clemenza. La maggioranza, Pd in testa, vuole arrivare al dibattito avendo portato a termine una buona parte della mission raccomandata dal Colle. Del resto - cioè di amnistia e indulto - Renzi non vuol sentir parlare: «Un nuovo indulto dopo 7 anni non é serio, né educativo, né responsabile». Servono invece interventi strutturali: come quelli, per l’appunto, varati dalla camera. E si metta mano subito alla riforma della legge Bossi-Fini: scrivendolo, nero su bianco, nel patto di governo per il 2014.
© 2014 Europa. Tutti i diritti riservati
SU