Teramo: i Radicali rendono nota lettera dalle detenute di Castrogno “qui è l’inferno, non ci sono cure”

Dalla Rassegna stampa

La denuncia delle condizioni del carcere di Castrogno accomuna detenuti e agenti di custodia. Le detenute della sezione femminile affidano a una lettera, firmata sebbene chiedano di non rivelare i loro nomi per il timore di ripercussioni, il loro grido di dolore e di rabbia su disservizi e carenze della struttura. Gli stessi problemi sono posti in risalto dal Sinappe, sindacato autonomo di polizia penitenziaria, con il segretario regionale Giampiero Cordone.
A raccogliere entrambi i testi sono i Radicali. “Castrogno ha superato anche Rebibbia per numero di morti in cella”, sottolinea Vincenzo Di Nanna, rappresentante del partito, “14 dal 2008: siamo davanti a una strage”. Il dramma è descritto dalle parole delle detenute. “Se non riuscite a immaginare l’inferno, veniteci a trovare”, affermano, “questo è il girone dei senza speranza”. Le recluse evidenziano condizioni di vivibilità “davvero vergognose e lesive di ogni tipo di dignità”. Tra le carenze principali c’è “l’inconsistenza del supporto sanitario”, causa di “morti sospette” su cui indaga la magistratura.
“Compagne affette da gravi patologie cardiovascolari, tumorali o schizofreniche aspettano visite specialistiche da mesi”, scrivono le detenute, “in mancanza di visite mediche c’imbottiscono di ogni tipo di farmaco anche non necessario e dannoso”.
Il vitto è definito scarso e qualitativamente pessimo. Il personale sarebbe così ridotto all’osso che “spesso siamo costrette anche a rinunciare alle poche ore all’aria aperta”. Solo poche detenute vengono impegnate in attività lavorative e comunque sono “sottopagate e sfruttate”. Mancano supporto psicologico e forme di svago, per cui proliferano “risse ed episodi di autolesionismo”.
I fattori devastanti per Castrogno, secondo Cordone, sono unici in Abruzzo. “1.420 ristretti, con capienza tollerabile di 1.270”, afferma, “comportano drammaticità accresciute da patologie di difficile gestione”. Problemi psichiatrici, cardiologici, di deambulazione e diabetici in costante aumento, secondo il segretario del Sinappe hanno trasformato il carcere in “un lazzaretto”.
“Il personale sanitario è sottostimato e conta solo sull’abnegazione di infermieri e medici di guardia”, spiega, “con un servizio di psichiatria di pochi giorni a settimana”. Alle carenze di organico si lega la mancanza di preparazione. “I corsi di aggiornamento”, conclude Cordone, “sono un ricordo del passato”.

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