Taglio e cucito per ricominciare a vivere, nasce il network delle cooperative di detenute

Non carità, ma lavoro. È calzante la citazione con cui Silvia Venturini Fendi, presidente di Alta Roma, saluta la nascita del progetto Sigillo: il marchio di qualità, promosso e finanziato con 413mila euro dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Su questo brand convergerà la produzione tessile e di pelletteria realizzata nei reparti femminili di alcuni carceri italiani (una quindicina), tra cui Rebibbia. Una porzione non trascurabile di manifattura specializzata, che procedeva però in ordine sparso ed era per lo più rivolta a un mercato di nicchia.
Sigillo, prima agenzia nazionale di coordinamento per il settore, esce invece dal contesto meramente solidaristico e punta sul mercato di serie A, come testimonia il sostegno di Alta Roma. L’obbiettivo è compattare la filiera e conferire ai suoi prodotti un posizionamento adeguato, lavorando su strategie e marketing. Uno spaccato di imprenditorialità femminile, forte oltretutto di una competitività pienamente made in Italy.
“Il nostro laboratorio dentro Rebibbia è specializzato nella pelletteria, utilizziamo materiali riciclati per fare borse e altri articoli”, spiega Marilena Miceli, responsabile del progetto Sigillo per la cooperativa Ora d’Aria, che opera nel carcere romano. “Questa nuova iniziativa, a cui abbiamo aderito con entusiasmo, è molto utile perché porta commesse attraendole su un marchio uniforme, attorno al quale fanno rete tutti i carceri italiani coinvolti. Qui a Roma contiamo, così, di poter estendere le nostre attività, coinvolgendo sempre più detenute”. Un punto da sottolineare è il pieno statuto lavorativo che le donne in carcere vengono ad avere.
“Il nostro laboratorio - spiega Miceli - esiste dal 1988 come associazione “Ora d’Aria”. Ma come cooperativa, conservando lo stesso nome, ci siamo costituite da due anni proprio per darci maggiore forza imprenditoriale: le detenute da noi sono socie fondatrici, perché siamo imprenditrici a tutti gli effetti, senza nulla togliere all’aspetto solidaristico”.
Fa scuola il successo di un marchio come Made in carcere (che ora aderisce a Sigillo), frutto del lavoro delle detenute negli istituti di Lecce e Trani. La cooperativa di riferimento, animata da un’imprenditrice con un nome che sembra fatto apposta, Luciana Delle Donne, dal 2007 a oggi ha dato lavoro a un centinaio di detenute, con un fatturato annuo che in media si è attestato sui 300mila euro. Sigillo agisce anche a monte della filiera.
Le donne beneficiarie del progetto, a Rebibbia come negli altri carceri che aderiscono, seguiranno percorsi di formazione professionale in ambito sartoriale. Si punta, infatti, al raggiungimento di standard qualitativi adeguati. “Dobbiamo fornire nuovi strumenti professionali alle imprese sociali - afferma Luisa Della Morte, direttore di Sigillo - affinché siano in grado di consolidarsi e crescere. Bisogna però abbandonare le logiche assistenzialistiche ed essere innovativi nelle proposte individuando forme di dialogo tra profit e non profit”.
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