Svuotare le carceri, un dilemma «L'indulto aumenta la criminalità»

Dalla Rassegna stampa

A maggio del 2007 un'indagine del Dipartimento della pubblica sicurezza controfirmata dall'allora capo della Polizia, Gianni De Gennaro, fece tremare i palazzi. Nero su bianco riportava i dati sulla criminalità antecedente e successiva all'indulto del 2006 per concludere: «Nel periodo agosto-ottobre 2006 si è registrato, rispetto all'anno precedente, un incremento di 1.952 rapine e di 28.830 furti». Nel luglio precedente era stato approvato, con i 2/3 del Parlamento, l'indulto. Quel provvedimento determinò la scarcerazione di 26.201 persone (16.158 italiani e 10.043 stranieri). Prima e dopo. Il Viminale, allora, fu chiaro: «Fino al mese di luglio tali fenomeni presentavano una leggera flessione. Tra gennaio e luglio del 2006 c'era stata una diminuzione di 1.048 rapine e di 23.323 furti rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente». Di qui la conclusione che le variazioni dei reati potessero essere addebitate all'«effetto indulto». Non è una considerazione da poco, in giorni in cui si parla di come svuotare le carceri. Ma non è abbastanza per convincere Rita Bernardini, deputata radicale, che la via da seguire sia un'altra. «Sono 5.200.000 i procedimenti penali pendenti (nel civile ce ne sono 5.400.000 sospesi); ogni anno circa 183.000 procedimenti cadono in prescrizione quindi senza che si arrivi ad alcun risarcimento per le vittime. Risarcimento che, invece, può essere previsto in un provvedimento di amnistia».

Cifre contro cifre e studi contro studi: «La ricerca del professor Torrente per l'Associazione 'A Buon diritto' dimostra - sottolinea la Bernardini - che chi ha avuto accesso all'indulto ha una recidiva inferiore a chi, invece, ha scontato tutta la pena». «Negli ultimi anni i procedimenti caduti in prescrizione sono stati circa 2.000.000. Senza considerare - riprende la deputata radicale - che oltre 28.000 detenuti sono in attesa di giudizio e 14.000 attendono il primo giudizio. La metà di loro, all'esito del processo, sarà riconosciuta innocente». Ma non tutti la pensano come la Bernardini. Donatella Ferranti del Pd è assolutamente contraria a ogni ipotesi di amnistia o indulto. Il partito democratico, fa capire tra le righe, è ancora scottato da quel che seguì al provvedimento del 2006. «Quella decisione fu usata in campagna elettorale contro il governo Prodi».

Ma il punto principale è un altro: «Non serve, non risolve il problema. Dopo tre anni ci sono più detenuti di prima». Per la Ferranti le misure, e le riforme codice penale compreso, dovrebbero essere altre a partire dalla legge ex Cirielli. «L'inasprimento delle pene, la configurazione di nuovi reati, la ex Cirielli che impedisce, con una sorta di automatismo, la concessione dei benefici penitenziari. Tutto questo intasa le carceri mentre si devono studiare percorsi adeguati per il lavoro, per il miglioramento delle condizioni di vita». Il primo passo, per la deputata democratica, è rivedere quell'«automatismo» che elimina ogni beneficio con la terza condanna. Per il resto «No a indulti o amnistie. È come il condono: non si può e non si deve svuotare il principio di legalità».

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