Sul salvataggio di Roma stesso peso, stessa misura

Va innanzitutto riconosciuto all'Opinione e a Giuseppe Mele, autore dell'articolo "Monti si fa sindaco di Roma per salvarla dalla bancarotta", pubblicato in prima ieri, il merito di aver dato spazio a una vicenda aperta da molto tempo senza che su di essa ci sia stata un'adeguata attenzione da parte del mondo dell'informazione. Del resto non possiamo non far conoscere ai lettori e all'autore la nostra differente posizione. Siamo d'accordo con Mele, il tentativo di chiudere l'enorme debito pregresso fatto tra gli anni '60 ed oggi, è cosa meritoria. Per farlo il governo Berlusconi-Tremonti-Lega, con il pieno consenso di Alemanno, ha emanato dal 2008 ad oggi una serie di misure con aggiustamenti continui nei decreti che si sono succeduti. Un unicum giuridico, così la Corte dei Conti ha definito il commissariamento del debito, l'uovo di Colombo che il precedente governo ha trovato per risolvere il problema.
Cioè la separazione della gestione straordinaria - tutto ciò che concerne la situazione finanziaria del comune di Roma prima della proclamazione dell'attuale sindaco - dalla gestione corrente. La seconda resta di competenza dell'amministrazione capitolina mentre la prima è affidata a un commissario di governo (che per i primi due anni ha coinciso con lo stesso sindaco Alemanno!). Per brevità diciamo che il compito della gestione commissariale, in piedi da ormai quasi quattro anni, è effettuare la ricognizione della massa attiva e passiva dell'ente e attuare un piano di rientro che, nell'unica versione pubblicata nel 2008, prevedeva il pagamento di rate annuali di circa 500 milioni di euro fino al 2048. Questa procedura straordinaria, che solleva gli organi comunali e in particolare il consiglio comunale dalla sua competenza e prerogativa centrale di controllo e di approvazione del bilancio e di ogni atto che implichi conseguenze finanziarie, è particolarmente pesante. Per questo motivo come Radicali abbiamo sempre chiesto, con iniziative popolari e parlamentari, la massima trasparenza sugli atti di questa autorità di governo e la pubblicazione di aggiornamenti costanti sull'attuazione del piano di rientro, con i flussi di cassa della gestione commissariale.
Per questo motivo, per dirne una, nel febbraio 2011 in sede di esame del Milleproroghe arrivammo a chiedere la sospensiva al voto fin quando il governo Berlusconi non avesse fornito al Parlamento il documento di accertamento del debito del comune di Roma la cui approvazione veniva surrettiziamente inserita nel testo del decreto senza che il documento fosse messo a disposizione dei parlamentari. Il documento non saltò fuori e la maggioranza respinse la sospensiva. I documenti ufficiali non sono mai saltati fuori, solo voci, interviste, indiscrezioni. Siamo passati dagli 8 miliardi del 2008 ai 9 del 2010, ai 12 del 2010 ancora. Chiunque potrebbe oggi affermare che il debito di Roma non è di 12,4 miliardi di euro ma è in realtà di 20 miliardi di euro, magari perché non sono stati ben calcolati gli interessi. Anzi lo affermo io stesso qui, nel tentativo di suscitare una reazione chiarificatrice. Il cuore del problema e la sua rilevanza politica sta tutta qui. Non c'entra molto la “colorazione nordista già incarnata dal precedente governo” che secondo Mele si troverebbe ora nell'esecutivo di Monti, non c'entra proprio la "prevaricazione centralista" rispetto all'amministrazione capitolina, c'entra ancora di meno l'intenzione del governo di compiere "con animo ferocemente ostile al centrodestra, un atto di aggressione alla dirigenza della città teso a produrre difficoltà nei passaggi verso Roma Capitale".
Siamo innanzitutto di fronte a una grave questione di democrazia e di legalità che attiene ai diritti fondamentali dei cittadini. Anche causa del debito comunale i cittadini romani subiscono la pressione fiscale più alta d'Italia, con l'addizionale comunale Irpef al massimo e addizionali commissariali d'imbarco sui voli in partenza dagli aeroporti romani e una serie di altre gravose misure. Ma a fronte di questo non sanno ancora a quanto ammonti il debito e come si componga. Magari gli piacerebbe sapere se ci sono dietro delle responsabilità politiche e potere giudicare e votare in base a questa conoscenza dei fatti e dei numeri. Magari questo, carte alla mano, sarebbe un bel dibattito in vista delle prossime elezioni comunali ma qualcosa ci dice che molti nell'attuale maggioranza di centrodestra e altrettanti nell'attuale opposizione, ex maggioranza di centrosinistra al governo della città per quindici anni, non si troverebbero a loro agio. Non è affatto scontato che l'azione del governo Monti su questa vicenda risponda alle nostre richieste ma di sicuro noi continueremo a sollecitare anche questo esecutivo come i precedenti.
Forse ora è più chiaro perché la qualifica che Giuseppe Mele ci attribuisce di Radicali "doppiopesisti" che in compagnia di "media, sinistra e violenti de Il Fatto dipingono a tinte fosche quello che perdonano ai propri esponenti", non può essere accettata.
© 2012 L'Opinione delle Libertà. Tutti i diritti riservati
SU