La storia di Stefano: trasferito senza avviso dopo un reclamo contro il sovraffollamento

Dalla Rassegna stampa

Sabato 13 luglio, improvvisamente, il detenuto bibliotecario della Casa di reclusione di Padova è stato trasferito nella Casa circondariale di Cremona.
Oggi raccontiamo la sua storia, in questi giorni divenuta drammatica, e dichiariamo la nostra speranza di raccontarvi un giorno un più lieto fine. Stefano è un ottimo bibliotecario da tre anni, ha anche avuto l’encomio dal Direttore del carcere, su proposta della Polizia Penitenziaria.
Ma ha fatto un ‘errore’, ha presentato un reclamo contro il sovraffollamento ai sensi delle direttive della Corte Europea per i diritti Umani. E il suo reclamo è stato accettato. Non chiedeva una cella singola, ma semplicemente il minimo di metri quadrati previsti (tre). Nella cella da uno stavano in tre, a lui andava bene essere in due. L’Amministrazione Penitenziaria senza interpellarlo e comunicargli alcunché lo ha trasferito d’ufficio in un altro carcere in una cella da due: così il suo diritto a non essere torturato è rispettato. Peccato che così si violi gravemente il suo diritto alla continuità della rieducazione, si azzeri un percorso. Peccato che chi non fa reclamo (e magari andrà al posto suo nella cella forzatamente da tre) conservi il diritto alla tortura.
Il 26 luglio era previsto per Stefano il secondo permesso premio, per visitare il Sistema Bibliotecario di Abano Terme (con cui la biblioteca del carcere è in rete), la biblioteca del Comune di Limena (per la cui gestione la cooperativa lavora da circa 9 anni), la biblioteca dell'istituto Scalcerle, in cui lavora una volontaria della cooperativa . E’ un permesso che sta tutto nel percorso ‘dal carcere al territorio’ che la cooperativa AltraCittà cerca di costruire per le persone detenute, che punta a far conoscere al mondo esterno le competenze di Stefano per un futuro inserimento lavorativo. Noi tutti cocciutamente speriamo di avere Stefano venerdì con noi.

Stefano scrive alla cooperativa

Cara Rossella, io mi ricordo con assoluta perfezione quel 27 luglio del 2010 quando tu e Valentina mi avete chiesto se me la sentivo di prendere in mano la biblioteca. Non ho esitato un istante a dirvi di sì per un motivo preciso, mi avete dato fiducia in un momento in cui la fiducia non me la dava nessuno e questo è stato il primo e più importante passo lungo quel percorso che si è bruscamente spezzato sabato scorso. Te lo devo dire. Ho provato una rabbia infinita, ho sentito di aver perso tutto quello che mi era costato fatica, impegno, passione.
Quando sono arrivato a Cremona, per un attimo e per la prima volta nella mia vita, avevo davvero sentito il vuoto intorno a me. Come ho detto ieri alla psicologa, questo carcere è un’istigazione al suicidio…ma la cosa non riguarda me. E sai perché? Perché mollare ora vorrebbe dire deludervi tutti e io non voglio che accada. Non preoccuparti per me, non diventerò un numero da aggiungere a un tragico totale. Ti confesso che sto faticando a trattenere le lacrime, amavo quel posto, amavo i miei libri e li amo ancora, ma sapere che non sono più i miei mi fa male, li ho toccati mille volte, curati, coccolati, come fossero figli; conosco ogni ragazzo che scende in biblioteca. Tutto questo ora non c’è più, ma ciò che più mi fa rabbia è che tutto il vostro impegno sia stato vanificato insieme al mio, perché io sono detenuto ma voi no, non meritate tutto questo.
Vi voglio bene, con sincero ed estremo affetto. Io non mollo, vada come vada, ve lo prometto.

In carcere Stefano ha imparato a fare il bibliotecario

Stefano Carnoli ha iniziato a frequentare un corso di formazione sulla catalogazione libraria organizzato dalla cooperativa AltraCittà nel 2010, dimostrando buone capacità e attitudine per la biblioteconomia. A seguito del corso, è stato coinvolto nell'attività della biblioteca della Casa di reclusione gestita dalla cooperativa con un progetto del Comune di Padova. Dopo alcuni mesi, , a Stefano è stato affidato il ruolo di bibliotecario/scrivano dall'Istituto penitenziario.
Nell'arco di tre anni, grazie al lavoro in sinergia della persona e della cooperativa, la qualità del servizio offerto dalla biblioteca ai detenuti è molto migliorata (lo dicono i dati statistici di aumento della lettura, dei prestiti interni, dei prestiti interbibliotecari, degli accessi dei detenuti alla biblioteca...).
Inoltre Stefano dal 2010 a oggi:
- ha partecipato in modo attivo alla formazione proposta dalla cooperativa nell'ambito della documentazione (trattamento del documento, archivistica, digitalizzazione...)
-ha coadiuvato la professoressa Marina Bolletti nei corsi di catalogazione, coordinando le ore di esercitazione con competenza e passione
-ha catalogato per la cooperativa (sta anche ora catalogando) i libri del Liceo Ferrari di Este

La cooperativa AltraCittà

Noi soci, lavoratori, volontari della cooperativa siamo in preda allo sgomento. Con Stefano stiamo lavorando da tre anni e stiamo costruendo: costruendo una biblioteca migliore per i 900 detenuti dell'istituto (aperta, diffusa ai piani, intrecciata a gruppi di lettura e corsi di formazione...), costruendo un percorso personale umano e lavorativo verso il territorio, verso il mondo esterno.
Lui è sempre stato persona riservata e schiva, anche se sempre disponibile, sempre appassionato nel lavoro. Non ci ha mai chiesto nulla, come invece spesso accade tra, mille sfaccettature, in questo mondo di urgenti necessità (la libertà innanzitutto!) che è il carcere e a noi la sua “orsitudine” (come la chiama lui) in fondo non dispiaceva: è bello offrire a chi non chiede nulla, per dignità, orgoglio…La lettera che abbiamo ricevuto in questi giorni da lui ci ha profondamente commossi.
Noi pensiamo che questo modo di procedere  sia semplicemente disumano e indegno di un paese democratico e civile: si sta distruggendo una persona e il nostro lavoro di tre anni.
Che senso ha che noi  da 10 anni tessiamo giorno dopo giorno una fitta e vitale rete tra il dentro e il fuori? Come dice qualcuno: lo Stato ha preso un successo (anche suo) è l’ha buttato nella spazzatura.
Io credo che il sistema dello 'sfollamento' fatto dal centro senza ….parlare (con la periferia, con la persona, con chi segue le persone da anni) sia malato e abbia esiti perversi.
Già alcuni mesi fa ho avuto un'esperienza choccante. Una mattina ho trovato nel laboratorio di legatoria della Casa di reclusione un detenuto disperato: gli avevano detto di preparare i bagagli, destinazione Gorgona. Non aveva mai fatto domande in questo senso, da due anni lo stavamo formando, da un anno era nostro dipendente. In quel caso ho parlato, telefonato, supplicato. C'è stato il “miracolo”, il trasferimento è stato annullato. Ma mi è rimasto l'amaro in bocca. E gli altri “sfollati”, quelli che non erano inseriti in attività? Numeri, pacchi spostati in un gioco perverso (se non come volontà, certo come esito). Ora la storia si ripresenta, con esiti devastanti. Su Stefano, ma anche su di noi. Sono ottimista per natura e testardamente fiduciosa nella possibilità di rinnovamento delle nostre istituzioni. Non distruggete questa speranza e questa fiducia.

Rossella Favero presidente cooperativa sociale AltraCittà

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