Gli spread da azzerare per rimettersi in moto

Dall'estate scorsa la parola è entrata (a suon di attacchi della speculazione finanziaria) nel lessico comune. Se la cura Monti sta pian piano erodendo quello "spread" fra titoli italiani e tedeschi - cartina di tornasole nella fiducia degli investitori sull'Italia - ci sono ben altri differenziali da colmare. Zavorre e manchevolezze che appesantiscono il sistema Italia e lo rendono meno competitivo rispetto a una Ue per la quale, peraltro, non si prevede una crescita a velocità siderale nei prossimi due anni. Cinque indicatori migliori della media Ue (su 25 scelti dal Centro studi Sintesi per Il Sole 24 Ore) sono sicuramente pochi. Se poi si guarda bene, ci sono il tasso di disoccupazione totale e femminile, da raffrontare con tassi di inattività altissimi, e un rapporto deficit Pil del 4,6%, inferiore al 6,2% dell'area euro solo perché di mezzo c'è la Grecia. Vittorie di Pirro, insomma, mentre un debito monstre, lo stato dei conti in generale e una bolletta energetica che ci penalizza fanno definire «incredibile» il fatto che gli imprenditori italiani riescano ancora a competere. Non c'è alternativa allo sforzo sulla crescita e a infrastrutture vitali. Con i «no» il differenziale non può che aumentare.
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