Spedito in Sardegna come un pacco postale

Dalla Rassegna stampa

Ci incontriamo alla sede del partito Radicale di lunedì, il giorno libero di Maria. È vestita elegante, tailleur e pantaloni neri, ma le mani sono quelle di una lavoratrice: quattordici ore al giorno per sei giorni alla settimana come lavapiatti in un ristorante. Lo stipendio non le basta per organizzare un viaggio con le due figlie ad Oristano, dove suo marito è stato trasferito dopo un periodo di detenzione nel carcere di Viterbo. È arrabbiata Maria per questo improvviso cambio di istituto penitenziario; l’ennesimo per Catello Cioffi che nella sua odissea giudiziaria, trenta anni (ventitre con l’indulto) da scontare per vari reati legati al suo passato nella camorra, ha cambiato molte carceri tra cui quelle di Regina Coeli, Rebibbia, Nuoro e Poggioreale.

Questa volta però al danno si aggiunge la beffa: il trasferimento avvenuto il ventinove maggio scorso (un provvedimento che ha riguardato anche altri 800 detenuti sparsi in giro per l’Italia) è stato giustificato dalle autorità come una risposta umanitaria alla messa in stato di accusa da parte dell’Europa per le nostre galere sovraffollate. Verrebbe da dire: una pezza peggiore del buco. Cioffi infatti a Viterbo stava iniziando un graduale percorso di reinserimento, la buona condotta e il pentimento lasciavano presagire la possibilità di accedere a uno stato di semilibertà; c’erano stati segnali in questo senso e Maria e le figlie, una di 19 anni l’altra una minore di 12, stavano davvero sperando di poter riabbracciare l’uomo di casa dopo diciassette anni di contatti filtrati dall’angustia degli spazi carcerari. Con il trasferimento in Sardegna questa prospettiva si fa molto più effimera: oltre ad allontanare di molti chilometri Cioffi dalla sua famiglia, il "cambio di residenza" ha anche l’effetto di cancellare con un colpo di spugna tutto il percorso di riabilitazione che lo aveva portato a un passo dall’agognata (semi) libertà.

Maria però non ha alcuna intenzione di arrendersi e ha già presentato un esposto all’ufficio del garante dei detenuti della regione Lazio: «Ciò che mi dà la forza di andare avanti è l’amore». Un amore che cerca di farsi largo tra la penuria di libertà e tempi per gli affetti che concedono le patrie galere dove Catello e Maria nel 2001 hanno concepito la loro secondogenita, durante un colloquio settimanale. «Non ce l’hanno mai perdonato», mi dice. Non appena fu evidente lo stato di gravidanza della moglie Cioffi fu trasferito da Rebibbia a Nuoro: «Non può essere una casualità».

È ancora un tabù il diritto alla sessualità e all’affettività per i carcerati. Ed è un tema su cui Maria Contaldo si è spesa in prima persona fondando un’associazione assieme ad altre donne i cui mariti, come il suo, sono rinchiusi in una cella. Oggi però la battaglia che Maria sente come più impellente è quella per far tornare suo marito a Viterbo o comunque in un carcere più vicino a Roma dove vive con le figlie. Affianco a lei in questa lotta ci sono l’associazione Antigone, il partito Radicale e Nessuno Tocchi Caino. Nonostante la drammaticità di questa situazione di lontananza forzata Maria, oltre alla determinazione, non perde nemmeno l’ironia. Parlando del periodo di latitanza su e giù per l’Italia prima dell’arresto del marito scherzando dice: «Almeno non possiamo dire di non avere fatto un viaggio di nozze avventuroso».

 

© 2014 cronache del garantista. Tutti i diritti riservati

SEGUICI
SU
FACEBOOK

Ti potrebbe interessare anche:

Dichiarazione di Michele Capano, tesoriere di Radicali Italiani:   Le parole del Presidente Mattarella testimoniano l'urgenza di rivedere il sistema dell'esecuzione penale minorile, che in Italia difetta di regole apposite diversamente da quanto accade in altri paesi europei, e in linea con...
Dichiarazione di Riccardo Magi e Michele Capano, segretario e tesoriere di Radicali Italiani, e di Barbara Bonvicini,tesoriera dell'Associazione Enzo Tortora Radicali Milano   Come Radicali Italiani vogliamo esprimere pieno sostegno alla battaglia nonviolenta del compagno Lucio Bertè,...
La tanto amata (a parole!) Costituzione italiana afferma che la pena ha come obiettivo rieducare il condannato. Nonostante lo spirito illuminato della Costituzione, le prassi che regolano le carceri in Italia e alcune leggi, hanno come obiettivo evidente punire e colpire soprattutto chi non ha...