Serve un piano per andare oltre i «blitz»

Da un lato gli obiettivi: i settori a rischio, le tipologie di contribuenti, le dinamiche territoriali, gli strumenti da utilizzare. Dall'altro, i risultati: le somme effettivamente recuperate, l'efficacia reale degli interventi, il tax gap. Possibilmente tutto "certificato", in modo continuativo e ufficiale.
Se c'è qualcosa di cui la lotta all'evasione non può più fare a meno è di una strategia chiara e trasparente sulle finalità e sulle azioni da adottare per intercettare chi non paga le tasse. Una sorta di "programma nazionale" - nei giorni scorsi il presidente della Corte dei conti, Luigi Giampaolino ha parlato della necessità di un vero e proprio "piano industriale" per la lotta all'evasione - che individui puntualmente le azioni di contrasto; che fissi i tempi per il raggiungimento dei target; che preveda meccanismi di controllo sull'efficacia e sull'esito dell'attività svolta dall'amministrazione.
Un approccio nuovo, quindi, che proietti il tema dell'infedeltà fiscale in una prospettiva più ampia anche rispetto alle direttive che giá oggi guidano annualmente l'attivitá degli uffici e della Gdf. Un approccio che aiuti a uscire rapidamente da quella logica dell'emergenza, ben visibile in questi mesi, fatta di sempre più frequenti blitz contro i "furbetti dello scontrino" - come se, colpiti i commercianti, tutte le altre categorie fossero per definizione oneste - e anche di annunci talvolta un po' troppo ottimistici sui risultati raggiunti.
Lo si è detto: i blitz non fanno male. Ma delle due, l'una: o ci si accontenta dell'idea che la lotta all'evasione si faccia a colpi di blitz, oppure ci si attrezza per guardare avanti. A cominciare dal rendere subito operative le misure già annunciate e varate. Ogni blocco, ogni ripensamento, ogni titubanza - ne segnaliamo alcune nell'inchiesta a pagina 3 - rischia di produrre l'effetto contrario. E, cioè, di far passare il messaggio che il partito degli evasori continua ad avere alleati di ferro, sempre pronti a ritornare in campo.
E anche il Governo - che alcuni giorni fa con il Def ha ribadito di aver fatto del contrasto all'evasione uno dei cardini della propria azione - deve mostrare più determinazione. La delega fiscale, per esempio - pur con le incognite legate ai tempi lunghi e, forse, persino alla sua concreta attuazione - rappresenta un primo passo verso un disegno organico.
Insieme all'obiettivo della "maggior certezza" del sistema e al miglioramento dei rapporti con i contribuenti, molto apprezzato in sede Ocse, si vede un approccio più scientifico e razionale nella lotta all'evasione. Si misurerà il tax gap, saranno monitorati i risultati raggiunti, sarà valutata la reale efficacia degli strumenti utilizzati. È un peccato, però, che questa costruzione cada proprio su quello che doveva essere il momento qualificante, vale a dire la riduzione del prelievo da attuare attraverso la "restituzione" agli onesti dei proventi del contrasto ai furbi. Ennesima occasione persa.
In attesa che la delega fiscale trovi slancio, bisogna tornare a fare i conti con la realtà. Che oggi non è quella dei blitz della Gdf ma piuttosto quella di un paese che ogni anno riesce a far sparire nel nulla una quota compresa tra il 16,3 e il 17,5% del proprio prodotto interno: 255-275 miliardi, cui corrispondono almeno 120 miliardi di tasse e contributi non pagati. Anche se tutte le somme indicate dalle Entrate come frutto dell'attività svolta (12 miliardi, cui vanno aggiunti i contributi) fossero realmente quote di evasione recuperata - cosa che, lo ricorda spesso anche la Corte dei conti, è tutta da dimostrare - saremmo ancora lontanissimi dall'obiettivo, non tanto di azzerare, ma almeno di riportare il "buco nero" dell'economia non osservata a dimensioni fisiologiche.
La strategia attuale contro l'evasione passa per l'utilizzo di strumenti come il redditometro, gli studi di settore, l'archivio dei rapporti finanziari, i nuovi elenchi clienti-fornitori. Un mix il cui impiego è reso più incisivo grazie ai limiti ridotti della nuova tracciabilità dei pagamenti. Tutto bene. Ma ora è tempo di vedere questo armamentario in azione. E, qui, qualche dubbio si affaccia, almeno sui possibili ritardi.
Si pensi all'anagrafe dei rapporti finanziari - potenziata dal decreto salva Italia, grazie al quale l'amministrazione potrà anche "vedere" i movimenti sui conti dei contribuenti - rischia di non partire (o, meglio, di subire uno stop temporaneo) a causa dei problemi di riservatezza dei dati.
Oppure, ancora, si pensi al nuovo redditometro, il sistema che dovrà svelare le incongruenze tra il tenore di vita del contribuente e dei suoi familiari, i redditi dichiarati e patrimoni posseduti. L'agenzia delle Entrate ci sta puntando (e lavorando) da molto tempo. Ma quando lo potremo valutare per quello che è? Quando lo vedremo in azione?
Insomma, la lotta all'evasione - nel medio-lungo periodo - non può vivere di continue minacce e/o di promesse che non si concretizzano. Servono i fatti. Serve cogliere e trasmettere la logica del sistema, serve una strategia. Perché, questo è certo, senza un programma non si uscirà mai dalla logica scomposta dell'emergenza.
© 2012 Il Sole 24 Ore. Tutti i diritti riservati
SU