La scienza è relativa

La settimana scorsa ho raccontato dell'esperimento grazie al quale i fisici del Cern di Ginevra, in collaborazione con quelli dell'Istituto di fisica nucleare del Gran Sasso, hanno accertato che le particelle subatomiche note con il nome di neutrini possono viaggiare a una velocità superiore a quella della luce. Inaspettatamente, e dunque clamorosamente, l'esperimento mette in forse - se non proprio smantella - la teoria della relatività ristretta stabilita da Einstein nel 1905 e rimasta da allora un pilastro fondamentale della conoscenza dell'universo. Immagino che della scoperta dei prestigiosi fisici abbiano gioito i fondamentalisti, avversari di ogni forma di relativismo ma anche sospettosi di quella relatività scientifica che finora non erano riusciti a mettere in discussione. A me l'esperimento ha confermato piuttosto (niente di nuovo, ovviamente, ma un po' lasciatemi gioire lo stesso) la convinzione che la scienza è costitutivamente "relativa", è un "metodo" autoreferenziale. Quello che un collaudato esperimento afferma oggi, domani potrà essere spazzato via da uno nuovo, più sofisticato. La scienza è laicamente "relativa": anche quando mette in discussione - o sconfessa - la teoria della relatività. Niente a che vedere con lo scientismo, che è invece dogmatico.
Oggi però, quasi a riequilibrare il dibattito, la scienza mette in campo un'altra scoperta che intacca un punto essenziale del discorso fondamentalista, cioè il tema della creazione. I fondamentalisti sono per lo più creazionisti (però non tutti i creazionisti sono fondamentalisti). E il creazionismo viene direttamente o indirettamente messo oggi in causa dalla scienza. Come sappiamo, negli anni Sessanta venne formulata da due americani, Arno Penzias e Robert Wilson, l'ipotesi che l'universo sia nato a seguito di quello che venne chiamato il Big Bang, una gigantesca esplosione che faceva emergere dal Nulla il cosmo, qualcosa come 13 o 14 miliardi di anni fa. La teoria del Big Bang fu un ghiotto sostegno delle tesi dei creazionisti: attraverso di essa, la scienza consolidava le idee di quanti ritengono che il mondo - l'Esistente, o come vorrete chiamarlo - nasce, "ex nihilo", dalla volontà di Dio. Ebbene, questa teoria che tutti davano per collaudatissima e indubitabile viene rimessa in discussione (come riportano i giornali, nuovamente entusiasti come per la scoperta relativa ai neutrini) da Roger Penrose, un celebre e autorevole matematico cui già si devono scoperte di estremo interesse. Secondo i calcoli di Penrose e del fisico armeno Vahe Gurzadyan, l'universo è sempre esistito e sempre esisterà. Già altri scienziati avevano ipotizzato che l'universo possa a un certo momento collassare su se stesso e sotto l'azione della gravità invertire la corsa all'espansione, prodottasi a seguito del Big Bang, per ritornare al punto di partenza - l'infinitesimo istante prima della creazione - e mettere in atto un altro Big Bang. Era la teoria, corroborata da prove scientifiche attendibili, del cosiddetto "Big Crunch". Anch'essa metteva in forse la tesi dei creazionisti.
Penrose e Gurzadyan vanno però molto oltre, perché sostengono che l'universo nel quale noi viviamo "è solo - secondo i giornali - uno degli infiniti universi che in sequenza si succedono, uno dopo l'altro, per l'eternità".
Mondi che si ripetono
Non posso seguire l'esposizione delle prove, anche queste dettagliatissime, portate dai due scienziati a sostegno della straordinaria tesi, ma non è impossibile pensare che forse dovremo abituarci a questa ennesima spiegazione delle vicende cosmiche. Una sola annotazione vorrei fare sul merito. Sembrerà, e forse è, una stravagante e fantasiosa ipotesi. Però non impossibile. Se i mondi, gli universi, sono destinati a nascere uno dall'altro come - si fa per sorridere - altrettante matrioske, potremmo pensare che prima o poi spunti un universo identico a un altro che lo ha preceduto o a uno che gli succederà. Quando si calcola sull'eternità, questo evento è possibile, per nulla chimerico. Potremmo assistere a una ripetizione puntuale delle vicende che caratterizzano la nostra Terra, l'universo attuale. Sarebbe la vittoria di Nietzsche e del suo "eterno ritorno". E potremmo anche, empiamente, arrivare ad arzigogolare che l'avvento di Gesù Cristo possa ripetersi anche esso, infinitamente, come ogni altro evento che capiti su questa terra. A fil di logica, se dovesse affermarsi sul piano scientifico la teoria di Penrose - che "i cosmi si ripetono con nuovi Big Bang" e che dunque, come ha titolato un quotidiano, "l'universo rinascerà identico" - l'ipotesi potremmo formularla. La scienza, nella sua relatività multiforme, può tirarci dei brutti scherzi. Dovremo, noi laici, rifiutarla o condannarla? Anche per uno che fosse credente ma, insieme, galileiano sarebbe difficile arrivare a tanto.
Post Scriptum. Leggo or ora che il Nobel per la Fisica di quest'anno è stato assegnato a tre scienziati americani per i loro studi sull'espansione dell'universo. Forse questi studi smentiscono quanto ho scritto qui sopra. Per me, invece, è una conferma: la scienza è davvero "relativa".
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