La ripresa passa anche da qui

Dalla Rassegna stampa

Oggi, 25 settembre, scocca il D-day, in cui decine di migliaia di aspiranti insegnanti, c'è chi stima fra centocinquanta e duecentomila, conosceranno le regole in base a cui si determinerà il loro immediato futuro professionale, e di conseguenza personale.

E già questa è una pesante anomalia: un evento che in tutti gli altri Paesi fa parte della quotidianità della scuola, l'entrata in servizio degli insegnanti, in Italia assume il carattere di un evento epocale. Questo è certamente legato al carattere erratico dei concorsi, la cui periodicità irregolare e imprevedibile spinge tutti i possibili candidati a tentare la sorte: ma dipende soprattutto da un problema di fondo di cui non si vede vicina la soluzione, e cioè l'incapacità/impossibilità, per i decisori politici, di affrontare e risolvere in modo organico la cosiddette "questione insegnante", dalla formazione iniziale, alla selezione, al reclutamento alla carriera.

Ciò premesso, come valutare le (molte) critiche e i (pochi) consensi che l'iniziativa ministeriale sta suscitando? Un elemento positivo innegabile è il tentativo di spezzare gli automatismi perversi per cui, una volta entrati in graduatoria, non importa come e con quali risultati, si acquisisce il diritto - prima o poi, magari alle soglie della pensione - a entrare di ruolo senza mai (ripeto: mai) essere seriamente valutati. Sono ancora in attesa del ruolo candidati che hanno vinto l'ultimo concorso nel 1999, e che nel frattempo hanno vissuto di supplenze e incarichi temporanei, ma talvolta hanno del tutto cambiato lavoro. Nelle intenzioni del ministro Profumo, e vedo in questo una continuità con il ministro Gelmini, è necessario dare un segnale che questo meccanismo penalizza pesantemente non solo chi ne è vittima, ma la qualità stessa del servizio educativo. Non si tratta di una meritocrazia acritica, ma di un tentativo di rispondere a una domanda di qualità da parte degli utenti singoli e della società nel suo insieme. Ma adelante, Pedro, con juicio: una metà dei posti viene comunque riservato a chi sta in graduatoria, e che può accedere al concorso. Troppi? Troppo pochi?

A prescindere dalle modalità tecniche, che purtroppo sono spesso attaccabili, e perfino a prescindere dall'effettiva capacità dello strumento concorsuale per selezionare i migliori, questo concorso è da sostenere come importante segnale di una volontà di affermare che si devono accertare le capacità effettive degli insegnanti, iniziali e nel corso del servizio. Questo, naturalmente, comporterebbe la rottura dell'uniformità nelle retribuzioni e nelle carriere, superando un altro tabù. Nel momento in cui diventa evidente l'importanza della formazione si deve prendere atto che la maggior parte dei paesi sviluppati sta incontrando problemi nel reclutamento di insegnanti, e ancor più di dirigenti, di qualità, e per incentivare i migliori sta applicando forme premiali, in termini di incentivi economici e di carriera. I timidi segnali di volontà ministeriale in questo senso sembrano da incoraggiare, anche cercando di reperire i mezzi per aumentare gli investimenti in istruzione, probabilmente i più redditizi nell'attuale situazione economica.

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