Riforme elettorali? No prima del voto

Da settimane i radicali, piuttosto isolati, ricordano una raccomandazione del Consiglio d'Europa in tema di leggi sulle elezioni: bisogna garantire la stabilità del diritto elettorale, soprattutto in tema di sistema elettorale propriamente detto e di formazione delle circoscrizioni. Pochi giorni addietro la Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato la Bulgaria per aver modificato, nel 2005, numerose disposizioni elettorali, chiedendo allora ex novo deposito di firme e cauzioni elettorali per i partiti non rappresentati in Parlamento. A seguito di un ricorso presentato da una piccola formazione danneggiata dalla nuova legge in limine della campagna elettorale, la Corte si è pronunciata ai danni dello Stato bulgaro.
Il deputato radicale, Maurizio Turco, da settimane è in sciopero della fame per sostenere l'illegittimità dell'eventuale riforma del porcellum, che sarebbe tardiva e introdurrebbe modifiche a disposizioni che dovrebbero invece essere immutabili, stante l'approssimarsi del rinnovo parlamentare. Che la vicenda sia uscita dal silenzio e desti incertezza nel palazzo, si ricava dalla lunga apologia della presunta correttezza della riforma elettorale che Giuliano Amato ha steso domenica sul Sole: «Non è contro l'Europa votare con nuove regole». Si tratta o di mere petizioni di principio o di baluginanti marchingegni retorici, che non scalfiscono le posizioni emerse in sede Consiglio d'Europa, ma addirittura quasi persuadono il lettore che fallaci siano le tesi di Amato.
Se, invece, ci si rivolge a qualcuno tra i delegati che cercano invano una intesa per abbattere il porcellum, la risposta appare molto più drastica e brutale. Quand'anche fosse fondata la tesi che ritiene violate le disposizioni europee nel caso di modifiche alla legge elettorale alle porte della scadenza della legislatura, non ci si fa caso. La ragione? La legge bulgara risale al 2005: si sono voluti 7 anni per arrivare a una pronuncia, non definitiva. Che preoccupazione volete mai si desti se nel 2020 giungesse un'altra sentenza europea che mettesse in dubbio la correttezza delle elezioni del 2013? Si fanno spallucce. Se si oppone la possibilità che intervenga la Corte costituzionale, lo scetticismo domina. Ancora, si alzano le spalle. In fondo, è la replica, a palazzo della Consulta espressero nel 2008 un generico richiamo alle Camere per segnalare «gli aspetti problematici» della mancanza di una soglia minima per aggiudicarsi il premio di maggioranza. I dubbi sulla possibilità che la Corte arrivi a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale della riforma elettorale sono estesi. Anche perché, va detto, crescono invece le incertezze sulla possibilità che si modifichi, anche in parti minori, il porcel-lum. Paradossalmente, in questo caso si darebbe ragione ai richiami dei radicali, la-sciando tutto com'è. Beninteso: non per motivi giuridici, bensì per impossibilità politica.
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