Renzi spara, il Pd deraglia e l'amnistia si arena

Dalla Rassegna stampa

Se le forze politiche e il Parlamento decidono un provvedimento di amnistia è evidente che esso deve valere per tutti. Non è pensabile infatti che valga per tutti tranne che per uno perché la legge è uguale per tutti". Il teorema Quagliariello arriva di lunedì mattina. E al grido di battaglia "niente leggi contro personam" introduce ufficialmente nel dibattito la richiesta del Pdl che un provvedimento di clemenza si estenda anche a Berlusconi. Replica a distanza Matteo Orfini: "Se Quagliariello la mette così, è chiaro che l’amnistia non si fa. Ed è un peccato. Anche perché non credo che le carceri siano piene di colpevoli di frode fiscale". Sulla stessa linea Gianni Cuperlo: "Con queste premesse non ci sono neanche le condizioni per iniziare una discussione parlamentare". Sembra proprio la fine del discorso. Perché per approvare un provvedimento di clemenza ci vogliono i due terzi dei voti, e i due terzi non ci sono se i due partiti di maggioranza non collaborano, come nota Bondi, definendo il dibattito "ipocrita". Tra l’altro, con 200 parlamentari che hanno firmato per la candidatura di Renzi, se lui dice no, è no. Il Pd non aveva accolto con grandi entusiasmi il messaggio di Napolitano alle Camere. Già vedeva il prossimo trabocchetto, le prossime richieste inaccettabili dei berluscones. Il segretario Epifani e il responsabile giustizia Danilo Leva s’erano inventati una formulazione "cauta": bene amnistia e indulto, ma non prima di un percorso che prevedeva l’abolizione di varie leggi (dalla Bossi-Fini alla Fini-Giovanardi) e una riforma complessiva del sistema. Un modo per rimandarla abbastanza da non farla mai. Ma senza dire un no secco a Napolitano. E senza assumere una posizione chiara in linea di principio.

A farlo ci ha pensato Matteo Renzi, che ha iniziato la sua campagna congressuale con un no ai provvedimenti di clemenza senza se e senza ma. Agitazione al Colle e nel governo, ma in due giorni di fatto il Pd si è riposizionato, con l’aiuto del ministro Quagliariello, e i destini di amnistia e indulto si sono fatti sempre più dubbi. Per il candidato segretario una mossa non solo prudente (il problema si sarebbe posto dopo l’8 dicembre, quando presumibilmente sarà il leader del Pd), ma anche mediaticamente vincente. Non a caso molti lo accusano di opportunismo. Ricordano i Radicali come l’allora presidente della Provincia di Firenze nel 2005 aderì alla battaglia di Pannella per l’amnistia. E lo scorso Natale firmò un appello per chiedere allo stesso leader radicale di sospendere il digiuno per la medesima causa. Intanto da Palazzo Chigi si limitano a dire che sono temi troppo delicati e complessi per essere affrontati in base a convenienze politiche. Bisogna ragionare, dati alla mano e liste di reati davanti. E poi si rimanda all’audizione alla Camera di dopo domani della Cancellieri. La quale ha detto che Quagliariello ha ragione, ma che amnistia e indulto non riguarderanno la frode fiscale. Il dibattito di giovedì già mostrerà se ci sono dei punti di convergenza o se - più probabilmente - non ci sono. I democratici di governo si affettano a ricordare che la questione è di competenza parlamentare. Ma insomma, allora perché domenica si sono affrettati tutti ad attaccare Renzi? "Lui dice no all’amnistia senza se e senza ma, noi diciamo un sì (o un no) condizionato", spiega il bersaniano Alfredo D’Attorre. La patata è bollente. Commenta Francesco Sanna, deputato P d e consigliere del premier "Non si può manifestare in difesa della Costituzione e poi non applicare l’articolo 27, quello in cui si dice che ‘le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità’." A maggio, ricorda, verranno sbloccati i ricorsi dei detenuti alla Corte europea: potenzialmente ogni carcerato può chiedere soldi allo Stato. Però, anche lui, ammette che la strada è in salita e che bisogna sperimentare altri percorsi. Non si va lontano, se la possibilità che Berlusconi benefici dell’indulto si estende anche alle sue eventuali altre condanne in arrivo. Oggi Epifani incontra i componenti delle commissioni Giustizia di Camera e Senato. L’obiettivo del sindaco di Firenze è bloccare la calendarizzazione dei provvedimenti di clemenza. A giudicare dal dibattito non dovrebbe essere difficile.

 

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