Quel «quoziente» che l'Italia ignora

In Francia l'imposta sul reddito colpisce il nucleo familiare, a differenza di altri Paesi europei che assoggettano separatamente a imposta i contribuenti coniugati: Regno Unito, Austria, Paesi Bassi, Svezia e, dal 1976, l'Italia per effetto di una infelice sentenza della nostra Corte Costituzionale (179/1976).
La legge francese ha mostrato di recente la sua vitalità per via di una sentenza della Corte Costituzionale francese che ha dichiarato incostituzionale una legge tributaria che poneva una discriminazione fra le famiglie, quelle monoreddito e le altre (Dc 29 dicembre 2012).
La disparità di trattamento condannata dalla Corte francese consiste in questo: a parità di reddito la famiglia che ha un solo reddito paga di più della famiglia che ha più redditi ciascuno dei quali è inferiore al minimo imponibile. In Italia la discriminazione della famiglia monoreddito è un dato costante da quando la Corte italiana dichiarò incostituzionale il cumulo dei redditi, con una concezione individualistica della famiglia, proprio nel momento in cui la riforma del diritto di famiglia si fondava sulla unità economica di essa. Con più sentenze la Corte italiana ha cercato di correre ai ripari sollecitando il Parlamento a una riforma della tassazione attenta alla composizione della famiglia, facendo esplicito riferimento anche alla regola del quoziente familiare che vige in Francia.
Alcune forze politiche continuano a proporre progetti di legge e anche oggi la scelta del quoziente familiare viene indicata nel dibattito politico. Ma è probabile che per un bel pò non se ne faccia niente. La ragione principale è data dal calo di gettito che si avrebbe con la riforma. Ma la questione riflette anche gli orientamenti sulla famiglia nella nostra società. Alcuni ritengono che col quoziente familiare le donne verrebbero incentivate a non lavorare, mentre il livello del lavoro delle donne italiane in Europa è fra i più bassi; d'altra parte se ci si lamenta che in Italia nascono pochi figli non si dovrebbe trascurare che la regola del quoziente sarebbe un incentivo da non trascurare.
Ciò che sembra certo è che, dato il fine della comunità di garantire la libera circolazione dei lavoratori, la regola del quoziente non sembra indifferente. L'Italia non può stare a guardare. Non solo per i profili europei (ai quali pure deve stare attenta) ma anche e soprattutto per rispetto dei principi di uguaglianza e di capacità contributiva (articoli 3, 53), scritti nella nostra Costituzione.
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