Qualcuno pensa davvero che Ristretti Orizzonti ha bisogno di “gonfiare i dati” dei suicidi in carcere?

Oggi, 21 maggio, esco dal carcere nel pomeriggio e mi ritrovo a leggere un comunicato stampa che inizia così “L’Amministrazione Penitenziaria contesta fermamente i dati sui suicidi e sui decessi naturali che periodicamente vengono pubblicati a cura del Centro di documentazione ‘Ristretti Orizzonti’”.
Ma qualcuno pensa davvero che ci sia bisogno di “gonfiare i dati” dei suicidi in carcere per raccontare le condizioni di vita nelle carceri italiane, per spiegare il disagio, la sofferenza, la fatica di chi ci vive dentro, e anche di chi ci lavora?
Da sedici anni faccio informazione dal carcere e sul carcere, sono responsabile di un giornale e di un sito realizzato da detenuti e volontari, ai quali cerco di trasmettere il valore di una informazione onesta, sobria, non urlata. Da dodici anni pubblico sul nostro sito il dossier “Morire di carcere”, che con altre associazioni curiamo per dare dignità alla morte delle persone, che in qualche modo “non hanno retto” alla galera. Dignità significa anche un nome e un cognome, dove possibile, qualche pezzo della loro storia, e non semplicemente un numero nelle statistiche dell’Amministrazione penitenziaria. Forse i nostri criteri sono diversi da quelli dell’Amministrazione. A differenza dell’Amministrazione penitenziaria infatti noi riteniamo che “sia morto di carcere” chi si impicca in cella e muore però in ospedale, e riteniamo anche che chi si mette un sacchetto in testa e perde la vita sniffando il gas ci abbia voluto dire che non ce la faceva più a vivere. Non è allora finalmente arrivato il momento, per l’Amministrazione penitenziaria, di dare un nome e un cognome alle persone che “cominciano a morire” in cella e poi muoiono soffocate, impiccate, piene di gas? Non è arrivato il momento di confrontarsi con i nostri dati sulla base di una effettiva TRASPARENZA, visto che noi i dati li pubblichiamo sempre, e non i semplici numeri ma tutto quello che riusciamo a sapere di quelle persone, perché stiamo parlando comunque di persone morte, persone che non ci sono più, persone che noi chiediamo solo di ricordare con un po’ di umanità?
Sono anni che sento anche dire che non è vero che per il sovraffollamento aumentano i suicidi, e certo lo sappiamo che nessuno si suicida perché sta stretto. Ma possibile che sia così scandaloso sottolineare che in posti, in cui invece di tre o cinque per cella sono in sei o in otto o dieci, ad ammazzare il tempo perché non hanno nulla da fare nella desolazione delle galere sovraffollate, MANCA L’ATTENZIONE PER LE PERSONE, MANCA L’ASCOLTO, MANCA UNA IDEA DI SPERANZA E DI FUTURO, ed è per questo che la gente sta male e qualche volta decide anche di togliersi la vita?
Ornella Favero
Direttore responsabile di Ristretti Orizzonti
In risposta al comunicato Dap “Chiarezza sui dati dei suicidi in carcere”
Di ogni detenuto che muore cerchiamo di ricostruire, per quanto possibile, l’identità e la storia personale e lo facciamo con l’intento di ridargli la dignità di persona, togliendolo dall’anonimato e dalla asetticità delle statistiche ufficiali.
Attingiamo le nostre informazioni da fonti indipendenti rispetto all’Amministrazione penitenziaria (notizie giornalistiche, segnalazioni di volontari, di operatori, di parenti dei detenuti...) e quindi a volte queste informazioni possono essere imprecise, ma cerchiamo sempre di verificarle attentamente.
Dal 2000 ad oggi abbiamo censito 773 casi di suicidio in carcere: qui è possibile vedere la nostra serie storica http://www.ristretti.it/areestudio/disagio/ricerca/index.htm; un numero di poco superiore a quello ufficiale di 728 (comprendendo i 12 di quest’anno): in allegato è possibile vedere la serie storica del Dap dalla quale si evince che il numero annuo di suicidi non è mai sceso sotto la “soglia” dei 45 (nemmeno quando nelle carceri c’erano 20mila detenuti di meno).
Con il nostro Dossier abbiamo rilevato di media 4 casi l’anno non censiti dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria come suicidi, ma che probabilmente sono finiti nel novero dei “decessi per cause naturali” (che peraltro ammontano ad oltre 1.300 negli ultimi 13 anni).
Per il 2013, se il Dap considera “suicidi” soltanto le morti di coloro che si sono impiccati, sono 12 le persone detenute che si sono tolte la vita con queste modalità.
Ma nelle nostre statistiche abbiamo incluso anche:
- 1 detenuto morto dopo essersi aperto la pancia con una lametta (Opg di Reggio Emilia, 16 maggio 2013);
- 2 detenuti morti soffocati da un sacchetto di plastica infilato in testa (Pescara, 7 marzo 3013 e Castelfranco Emilia, 23 aprile 2013);
- 6 detenuti morti asfissiati dal gas delle bombole da camping in uso nelle celle (Opg Reggio Emilia, 13 maggio 2013, Milano San Vittore 15 marzo 2013, Massa Carrara, 18 marzo 2013; Velletri, 27 marzo 2013; Milano San Vittore, 5 aprile 2013; Macomer, 20 aprile 2013).
E soprattutto, nelle nostre “statistiche” noi abbiamo dato un nome e un cognome alle persone.
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