Le promesse mancate

Doveva essere uno «spostamento», è stato solo un aumento. La casa è stata al centro di tutte le manovre fiscali messe in campo negli ultimi mesi dal Governo per tenere in piedi i conti pubblici (e non solo, visto che l'aumento dell'Irpef sugli affitti dovrebbe finanziare anche la riforma del lavoro). Ma la pioggia di tasse sul mattone non è stata accompagnata da alcun riequilibrio fiscale su altri settori. Anzi.
Dai consumi all'auto, passando per i redditi che faticano a mantenere costante il prorio potere d'acquisto, non c'è voce nel dizionario della crisi italiana che non sia stata oggetto di interventi. Votati da tutti i partiti che formano la «strana maggioranza» a sostegno del Governo Monti, salvo poi invocare rateazioni e alleggerimenti a ridosso del turno elettorale.
Uno degli «elementi di continuità» con il Governo Berlusconi, rivendicati dal presidente del Consiglio, sarebbe invece lo spostamento del carico fiscale dalle persone alle cose. Obiettivo ispiratore della riforma fiscale abbozzata da Giulio Tremonti, ripreso in più di un'occasione dallo stesso Monti, ma finora sostanzialmente eluso. A meno che non si pensi che possa bastare il meccanismo di deduzione del costo del lavoro dall'imponibile Irap.
Certo, le condizioni di finanza pubblica non permettono leggerezze nel taglio delle tasse. E di fatto tutte le fonti che dovevano finanziare la riduzione delle imposte sul lavoro e sull'impresa sono state dirottate verso il pareggio di bilancio e la sfida al debito. D'altra parte, però, nessun Paese può pensare di uscire da una recessione economica aumentando la pressione fiscale su tutti i settori, senza misure di rilancio. Anche perché il taglio della spesa pubblica sembra faticare ancora a partire davvero.
Un segnale servirebbe subito, anche per spegnere gli incendi che oggi agitano il dibattito propagandistico su Imu e dintorni, ed evitare di deprimere ancora di più la domanda interna e la fiducia dei consumatori. In uno scenario del genere non è saggio affidare le proprie speranze a un'ipotetica «Fase due», di rilancio dopo i sacrifici. Da Prodi a Berlusconi, il miraggio della «Fase due» è stato la maledizione di ogni Governo. E di ogni contribuente.
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