Politica e morale non sono uguali

Poche storie: la vera questione morale sollevata in questi mesi torbidi e farlocchi la dobbiamo (ancora una volta) a Marco Pannella e ai radicali. Cosa c'è infatti di più morale e dunque di più radicale di una vicenda carceraria - una vicenda di giustizia come la nostra, il tentato suicidio di un vip ammalato come Lele Mora è l'ultima delle epifanie di una tragedia - che non solo punisce togliendo la libertà senza processi, ma realizza la punizione in una situazione da galere russe ai tempi dello zar, se con peggio, alla faccia delle condanne internazionali? Anzi, c'è chi alla fine irride giacobinamente a queste vittime, ignorando che, al contrario, sono proprio loro, le vittime, che ci raccontano una storia che riguarda tutti. È la storia della giustizia italiana. Perché del suo epocale fallimento ci narrano gli episodi delle carceri sovraffollate, di questa malagiustizia che è debole coi forti e forte coi deboli, se non peggio, con la quale facciamo i conti, noi cittadini, dopo anni di vane promesse e di provvedimenti saltuari che, tacciati alcuni di essere ad personam, nemmeno a questo scopo sono serviti. E ho detto tutto. L'eterna malata Italia, divisa fra giacobini un tanto al kilo e postfascisti, tipo il povero Tremaglia, il cui retaggio autoritario d'estrema destra collima col giacobinismo gauchista nel negare qualsiasi tipo di amnistia- pur sapendo che di amnistia proprio loro sono potuti rinascere -, grazie a Togliatti, e a continuare ad essere sia "fascisti", sia soprattutto giustizialisti, negando così il garantismo salvo che per sé stessi e mettendosi sempre di traverso, adesso con Pannella e allora nella Prima Repubblica, rimuovendo il loro passato anche di rastrellatori di ebrei e partigiani grazie agli inni elevati agli eroi delle manette. Ciò che non è stato fatto per una riforma della giustizia, la stessa evocata già dal 1994 in una col partito liberale di massa, ricade certo nelle responsabilità di destra e sinistra governanti, anche se per il centro destra del Cav questo scacco è tanto più serio quanto più i suoi effetti collaterali gli si sono riversati addosso con la violenza della Cavalcata delle Walkirie, e con vasta eco internazionale delegittimante. A proposito della quale, le recentissime rivelazioni del Wall Street Journal sulla telefonata al Quirinale della Merkel perorando il trasloco da Palazzo Chigi dell'ingombrante ma legittimo inquilino, non vanno sottovalutate non perché "vere" ma perché verosimili e, dunque, politicamente pesanti. E tuttavia, non siamo nel campo della morale, la questione non è morale ma tutta politica, con fortissime venature economiche giacché l'ipotesi di Fabrizio Cicchitto, dando atto alla lealtà istituzionale di Napolitano (guai se non fosse così!) sposta sugli ambienti Usa il riflettore per illuminare il fosco scenario del WSJ di Murdoch, di certo non neutrale nei tentativi di destabilizzazione dell'equilibrio europeo sullo sfondo dello scontro di interessi fra potentissime forze Usa violentemente ostili all'euro, tant'è vero che a Washington le Banche si starebbero preparando ai cambi delle antiche monete europee: marco, lira, dracma, peseta, franco. E vedremo se Monti, che una certa vulgata lo vorrebbe prediletto dalla Merkel, riuscirà lì dove il suo predecessore aveva mancato, e non sempre per colpa sua. Il fatto è che è rimasto senza risposta l'altro grande problema politico, sollevato recentemente da Galli Della Loggia, a proposito di presidenzialismo, in riferimento anche e soprattutto alle recenti mosse del Quirinale a proposito della fine del governo Berlusconi e dell'avvio di quello di Monti, con procedure evocanti per l'appunto, la Repubblica presidenziale. Ma pur sempre a metà e comunque spuria e certamente sul filo del rasoio istituzionale. È l'altra vera questione politica rimasta così, a mezz'aria, fra ritardi colpevoli ed equivoci. Fra malumori e gossip, fra una telefonata della panzer tedesca e le smentite di prammatica. Ma il problema c'è, eccome.
© 2012 L'Opinione delle Libertà. Tutti i diritti riservati
SU