I piccoli passi e la priorità dimenticata

È un provvedimento complesso quello approvato ieri dal Consiglio dei ministri sotto il nome di legge di stabilità. La parola d'ordine è non chiamarla manovra. Ma è proprio di questo che si tratta, con interventi significativi sia sulle entrate sia sulle spese. Purtroppo, a 24 ore dall'approvazione in Consiglio dei ministri, sono poche le certezze sui saldi e sugli importi delle singole poste. Tra la Ragioneria, il Mef e Palazzo Chigi i tecnici sono ancora al lavoro e solo nelle prossime ore il quadro sarà definito nei particolari.
Intanto cominciano a emergere le prime sorprese. L'intervento sull'Irpef, per cominciare, non produrrà un beneficio di 4-5 miliardi per i contribuenti, come farebbe ritenere la riduzione di un punto dell'aliquota sui primi due scaglioni. Il complesso meccanismo di revisione delle detrazioni e delle deduzioni, infatti, vanificherà per molti contribuenti il beneficio dell'intervento sulle aliquote. Quasi una partita di giro interna all'Irpef.
I saldi stessi della manovra sembrano poi avvicinarsi più ai 13 miliardi che ai 10-11 prospettati in un primo momento. E questo grazie anche a nuovi prelievi, come quello sulle auto aziendali.
Ma è nel suo complesso che questa manovra lascia non poche perplessità. È certamente positivo, e va riconosciuto, lo sforzo di dare un segnale sulla riduzione della pressione fiscale, ricorrendo anche a tagli della spesa pubblica per oltre 3 miliardi. Il binomio "meno spesa e meno tasse" è la via maestra da percorrere se si vuole davvero provare a rilanciare il Paese tenendo insieme rigore e crescita, come è obbligatorio fare in questi tempi di instabilità finanziaria.
Ma se si va ad approfondire il dettaglio di quelle riduzioni fiscali e di quei tagli di spesa, ecco emergere le perplessità. I tagli di spesa, per cominciare, somigliano ancora troppo a tagli lineari più che a una vera spending review. Sulla sanità, in particolare, dove c'è da auspicare che la riscrittura in corso dei tagli produca un risultato più mirato agli sprechi veri e più attento a tutelare le buone ragioni del servizio ai cittadini e delle imprese che operano nel settore, già colpite ripetutamente da interventi precedenti. Ma sono soprattutto le scelte sui tagli fiscali che non convincono.
Si è detto e ripetuto che la priorità del Paese è la crescita, il lavoro, la competitività delle imprese. Perché allora, potendo disporre di un tesoretto per tagli fiscali, non destinarlo a ridurre il peso delle tasse lì dove serve davvero al rilancio dell'economia? E quindi a un intervento su quel cuneo fiscale che pesa sulle buste paga dei lavoratori e sulla competitività delle imprese, consegnando all'Italia un altro record europeo negativo.
Proprio ieri imprese e sindacati si sono confrontati per trovare un'intesa sulla produttività. Lo hanno fatto anche in seguito alla positiva spinta del governo e dell'Europa su questo tema. Concentrare tutte le risorse disponibili proprio sul costo del lavoro favorirebbe una possibile intesa, con benefici per le imprese, per i lavoratori e per tutto il sistema produttivo.
È così che si fa una politica fiscale per la crescita. Non certo distribuendo a pioggia 4/5 miliardi di riduzioni Irpef su tutti i contribuenti italiani. La vastità della platea, infatti, vanificherà di fatto l'intervento del governo, traducendosi in una mancia di 15-20 euro mensili per ciascun contribuente. Senza contare l'effetto della riforma di detrazioni e deduzioni che, come abbiamo detto, ridurrà ulteriormente e in modo significativo quel vantaggio.
Un ultimo paradosso proprio in relazione al taglio delle cosiddette tax expenditure: sotto la scure sono finite anche le erogazioni liberali alla ricerca. Ma non si era detto che dalla ricerca passava il futuro della nostra economia?
Post scriptum. Proprio perché la via maestra allo sviluppo passa per tagli fiscali mirati coperti da tagli di spesa, la parte migliore dei provvedimenti approvati dal Consiglio dei ministri l'altra notte riguarda sicuramente il Ddl costituzionale sul Titolo V. La razionalizzazione delle competenze cancella gli errori fatti in passato, che hanno portato a una moltiplicazione delle spese e a un aggravio della pressione fiscale complessiva. Se diventerà legge sarà un passo avanti importante.
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