Più concorrenza contro l'inflazione

L'inflazione cresce a un ritmo del 3,4% annuo. È tanto. Si può ragionevolmente sperare che la febbre passi, e che la dinamica dei prezzi freni, come sembra destinata a fare; ma nascondere la testa sotto la sabbia non è mai una scelta saggia. Ci sono almeno due fattori strutturali, uno globale, uno tutto italiano, che vanno infatti affrontati con riforme decise. Il rincaro del petrolio - che terrà l'inflazione alta per un po' e frenerà i consumi per tanto tempo non è solo frutto di tensioni passeggere: c'è un disallineamento tra domanda (in crescita) e offerta (stagnante) globali che non può essere risolta in poco tempo. I prezzi delle benzine, però, sono gonfiati da imposte, accise: abbassarle, è vero, lancerebbe momentaneamente all'economia un messaggio "sbagliato" di abbondanza-forse non del tutto inadeguato a questa fase - ma è doveroso pensarci per riportare la situazione verso la normalità. In Italia - la cui inflazione è sempre più alta che altrove - pesa poi anche la mancanza di concorrenza, la presenza di posizioni di rendita che rendono compatibili margini più elevati del normale. Le liberalizzazioni, quelle vere, possono allora risolvere anche il problema della febbre dei prezzi, oltre a quello della crescita.
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