Perché è meglio l'uninominale

Dalla Rassegna stampa

In un documento ufficiale del Pd, votato all'unanimità dall'assemblea nazionale, si legge: «Per la camera un buon sistema elettorale sarebbe quello di impianto maggioritario fondato sui collegi uninominali». Anzi, i congressisti del Pd si sono espressi esplicitamente per il modello uninominale a doppio turno alla francese. Ecco, su questo punto si gioca la possibilità, da parte del Pd, di essere o non essere il "partito americano" che anche il quotidiano Europa, con lungimiranza e saggezza, auspica. Pannella e i Radicali insistono su questo punto perché le deliberazioni assembleari e congressuali vanno rispettate. Del resto, il sistema politico dell'alternanza è chiaro e semplice: chi vince le elezioni governa, chi perde va all'opposizione e controlla l'operato della maggioranza. Nella cosiddetta Prima Repubblica e con l'allora sistema proporzionale si creò, invece, un meccanismo bloccato per cui al governo sedevano sempre le stesse forze politiche mentre le altre erano relegate sempre all'opposizione. Un tale «monopartitismo imperfetto», come lo definì già allora Pannella, durò per 45 anni. Dal 1948 al 1993 non fu possibile provocare l'alternanza al governo del paese e perciò la Dc e i suoi alleati, conservando ininterrottamente il potere del governo nazionale, soprattutto a causa del sistema proporzionale, vennero risucchiati dentro un'inevitabile degenerazione che si basava sull'occupazione del potere, che vedeva coinvolto anche il Pci. Questo sistema bloccato era giustificato da un equilibrio internazionale dominato dalla guerra fredda. Con il crollo del Muro di Berlino, però, si rimescolarono le carte: prima con i referendum del 1991 e, poi, con i referendum elettorali del 1993, in cui si immise nel sistema politico una logica diversa, basata appunto sull'alternanza. Non è ancora la prospettiva del maggioritario uninominale, come la storia liberale e democratica insegna, ma ne pone le basi. E i cittadini italiani, anche alle ultime amministrative, hanno dimostrato di apprezzarlo e comprenderlo.

Nei sistemi uninominali e maggioritari puri, come quelli in vigore in Francia, Gran Bretagna e Usa, viene eletto un solo candidato per collegio uninominale. In tali sistemi, come accadeva in parte anche in Italia con il mattarellum, il territorio nazionale viene suddiviso in tanti collegi quanti sono i seggi della assemblea da eleggere. In ciascun collegio le liste elettorali presentano ciascuna il nome di un solo candidato (da qui l'aggettivo uninominale). Il sistema maggioritario è il più facile da spiegare e da capire: viene eletto il candidato associato alla lista che ottiene la maggioranza dei voti. Chi prende più voti vince. Poi, si può decidere di far precedere il voto da elezioni primarie, che permettono ai cittadini di scegliere o selezionare i candidati; oppure ricorrere, come in Francia, al doppio turno, così che il primo possa assumere il carattere di una elezione primaria capace di ridurre a due o, al massimo, tre i candidati. Non si tratta perciò di essere a favore o contro il bipolarismo, come erroneamente si scrive, anche perché tutta la Prima Repubblica fu caratterizzata dal bipolarismo tra Dc e Pci. Si tratta invece di comprendere come il sistema politico dell'alternanza sia soltanto il primo passo per una più complessiva riforma della legge elettorale in senso uninominale e maggioritario, costruito sul binomio “persona e territorio”. Nei sistemi di democrazia liberale, infatti, la rappresentanza politica non può prescindere da un effettivo rapporto di fiducia tra i rappresentati e i rappresentanti. E questo può essere assicurato dai collegi piccoli e dall'uninominale.

Molto ci sarebbe ancora da dire per spiegare la logica liberale e i pregi democratici del sistema uninominale. A tal proposito, è utile ricordare che sul Corriere della Sera del 28 agosto 2010 è stato pubblicato il Manifesto per la costituzione di una associazione bipartisan per l'uninominale. Sono tanti i cittadini che hanno sottoscritto e continuano a firmare il manifesto-appello di Pietro Ichino e Marco Pannella per una riforma delle legge elettorale in senso maggioritario e uninominale. È sempre utile ricordare, infine, quanto affermò il liberale Luigi Einaudi nel suo intervento dell'11 febbraio 1946 alla Consulta nazionale: «Bisogna scegliere non la proporzionale, la quale manda in parlamento macchine da voto, ma il collegio piccolo, che manda un uomo invece di una macchina, scelto per la stima che si ha di lui. Costoro decideranno quali siano le idee meritevoli della vittoria». Einaudi parlava con cognizione di causa. Aveva conosciuto il regime mussoliniano, sapeva bene quali sarebbero potuti essere i danni prodotti da un sistema proporzionale, che nutre la partitocrazia facendone lo strumento per l'occupazione dello stato. Inoltre, il maggioritario uninominale obbliga le forze politiche a determinare le alleanze prima del voto, non come accadeva nella Prima Repubblica e con il proporzionale, quando i governi si facevano e si disfacevano in parlamento, a dispetto della volontà degli elettori.

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