Perché l'emergenza carceri non è affare dei soli detenuti

Se c'è una cosa che bisogna fare quando si parla di carcere è fuggire dalla retorica del "guardie e ladri". Dalla supposizione, per esempio, che i detenuti siano gli unici a soffrire del sovraffollamento degli istituti penitenziari. Lo stato di crisi ha infatti compattato la "comunità penitenziaria", come la chiamano con insistenza i Radicali, mettendo dalla stessa parte reclusi, personale di polizia, amministratori e operatori, tutti vittime allo stesso modo dello stato di sofferenza del sistema. Oggi e domani se ne parlerà a Palazzo Madama al convegno "Giustizia! In nome del popolo sovrano", promosso dal Partito radicale con l'alto patronato della presidenza della Repubblica e il patrocinio del Senato. In prima linea ci sono per esempio gli agenti di polizia penitenziaria, sottodimensionati rispetto all'incremento della popolazione detenuta: "Nel 2001 infatti si contavano circa 43.800 reclusi e 43.500 agenti; oggi i detenuti sono più di 67 mila e l'organico di polizia supera di poco le 38 mila unità", spiega al Foglio il segretario generale della Uilpa Penitenziari, Eugenio Sarno. Un solo agente può essere chiamato a sorvegliare un'intera sezione con almeno cento persone e solo nel primo semestre del 2011 la polizia ha sventato in extremis circa trecento tentativi di suicidio. "In queste condizioni cadono tutti i presupposti di sicurezza - spiega Sarno - e non possiamo contribuire in alcun modo all'osservazione e al trattamento dei detenuti". Senza contare, notano alcuni osservatori, che il disagio contribuisce a spiegare un tasso di suicidi tra gli agenti penitenziari quattro volte più alto rispetto agli altri corpi di sicurezza.
Funzioni sempre più sacrificate anche per la mancanza di operatori: "Noi psicologi penitenziari siamo 400 in tutta Italia", dichiara al Foglio la dottoressa Ada Palmonella che presta servizio nel carcere romano di Regina Coeli. "Il regolamento del Dap dispone che al loro arrivo i detenuti passino prima dalla matricola poi dallo psicologo, ma quando arriviamo li troviamo sparpagliati tra le sezioni. Molti mi sfuggono, in un turno di tre ore riesco a vederne al massimo cinque". Un disagio che affligge pure medici, infermieri educatori, ma anche i dirigenti, che poche settimane fa sono scesi in piazza distribuendo l'ordinamento penitenziario listato a lutto per sottolineare la distanza tra ciò che si dovrebbe fare e ciò che invece si fa all'interno degli istituti in materia di sicurezza, salute e rieducazione. "La situazione è ogni giorno più difficile per uomini che lavorano sul campo", osserva interpellato dal Foglio Luigi Pagano, provveditore agli istituti penitenziari della Lombardia, "si rischia di non riuscire a rispondere alle istanze dei detenuti e di non raggiungere finalità come la sicurezza pubblica anche attraverso il reinserimento sociale". Quanto al piano carceri messo a punto dal governo, dichiara al Foglio il capo del Dap Franco Ionta, commissario delegato del governo per il piano carceri: "La misura che riguarda la nuova edilizia penitenziaria è assolutamente indispensabile, ma è solo uno dei tasselli di quello che giornalisticamente viene indicato come piano carceri. In realtà il piano che riguarda la stabilizzazione del sistema penitenziario intende fornire nuove strutture detentive all'avanguardia sotto il profilo della sicurezza interna, esterna e della gestione da parte del personale della popolazione detenuta", A questo, spiega, si accompagnano altre misure: "Tra il 2011 e il 2012 assumeremo 2.500-3.000 unità di polizia penitenziaria". C'è poi la legge sulla detenzione domiciliare "che ha portato fuori oltre 2.500" persone. Quanto alla mancanza di risorse, Ionta spiega che l'amministrazione penitenziaria ha ricevuto dalla distribuzione del Fondo unico della giustizia 6 milioni di euro "che ci consentiranno di andare avanti ancora per qualche mese. Se riusciremo ad avere anche un assestamento di bilancio, dopo l'estate per il 2011 saremo coperti", conclude il capo del Dap che oggi tornerà a confrontarsi con le altre istituzioni e la società civile, avendo già annunciato la sua presenza al convegno su giustizia e carceri previsto in Senato.
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