Onorevoli colleghi, guardate che inferno

Il 4 dicembre è stata una giornata speciale a San Vittore: per la prima volta la Messa domenicale ha visto i detenuti presenziare all'interno della "rotonda" centrale - dove si trova l'altare - e prendere la comunione non da dietro le sbarre dei cancelli dei "raggi", ma direttamente dalle mani del cappellano. Mi è venuta in mente la diversa scena al Gazzi di Messina, reparto "la sosta": gli infermieri che facevano le iniezioni attraverso le sbarre. Della novità della Messa sono venuta a conoscenza durante la visita ispettiva che ho fatto a San Vittore con Luigi Amicone, direttore di Tempi, e Leonardo Monaco, giovanissimo tesoriere dell'Associazione Enzo Tortora di Milano. «Ci dispiace - ha detto la comandante dottoressa Di Gioia che ci ha ricevuti insieme al magistrato di sorveglianza dottoressa Fadda - che non abbiate potuto assistere a questo nuovo modo di dire Messa qui». Avevo già visitato San Vittore altre volte, due delle quali da deputata; a seguito di quelle visite (2008 e 2011), avevo anche depositato due dettagliate interrogazioni e inoltrato due esposti-denuncia alla Procura della Repubblica: né il ministro della Giustizia, né la Procura della Repubblica di Milano hanno mai risposto, nemmeno per dire che non ravvisavano elementi per aprire indagini. Silenzio. Ebbene, la situazione è addirittura peggiorata. 1.600 persone sono ristrette nei 600 posti regolamentari. I detenuti stanno chiusi in cella per 20 ore senza poter svolgere nessuna attività, non vengono forniti loro i detergenti né per lavarsi né per pulire la cella; le celle sono luoghi immondi dove circolano scarafaggi; le finestre non si possono aprire perché ostruite dai letti a castello... mancano aria e luce, tanto che devono tenere la lampadina accesa tutto il giorno. Quando entriamo nella prima cella situata al 1° piano del sesto raggio, rimaniamo sgomenti: quattro persone sistemate su due letti a castello sono costrette a vivere in 7,6 metri quadrati. Menò di 2 metri quadrati a testa! Ma la cella successiva, come tutte le altre, è di eguali dimensioni con la differenza che di esseri umani ne stipano 6!
Fosse solo il sovraffollamento
Ma il dramma non è solo quello del sovraffollamento. Molti non possono vedere mogli e figli; l'avvocato, quasi sempre d'ufficio, l'hanno visto una sola volta e nulla conoscono del processo che li riguarda; il 30 per cento è tossicodipendente, il 64 per cento è straniero senza appoggi in Italia, i casi psichiatrici sono tantissimi, l'assistenza sanitaria è quasi impossibile. Poco più del 10 per cento svolge un lavoro saltuario, pochissimi hanno la possibilità di frequentare le scuole. L'ozio forzato è la regola. Inoltre, solo 100 detenuti su 1.600 hanno una sentenza definitiva, gli altri sono in attesa di giudizio e, secondo le statistiche, la metà sarà riconosciuta innocente. L'illegalità delle condizioni di detenzione si riscontra anche per quelle di lavoro di agenti, psicologi, educatori, infermieri, personale amministrativo e sanitario. Tutta quella che Marco Pannella definisce la "comunità penitenziaria" è dolente, stremata, umiliata. Di agenti ne mancano 300 e i 700 in pianta organica, che si riducono ulteriormente per permessi speciali e malattia, devono anche assicurare i piantonamenti in ospedale dei detenuti e le traduzioni per le udienze. In conclusione, anche questa visita - come le altre che da radicali facciamo a centinaia nelle carceri italiane - mi ha rafforzato nella convinzione che solo l'amnistia (accompagnata da un indulto) può tornare a far vivere legge, Costituzione, diritti umani. Che autorevolezza può avere uno Stato che per primo viola le sue leggi? Che rieducazione può assicurare uno Stato che si comporta da decenni come un delinquente professionale? Che giustizia è quella dei procedimenti penali che muoiono a milioni - due, negli ultimi dieci anni - perché le scrivanie dei magistrati sono soffocate da milioni e milioni di faldoni impolverati? E che cittadini siamo noi tutti se tolleriamo che esseri umani siano trattati peggio degli animali? Riflettiamo tutti e chiediamoci, soprattutto se siamo parlamentari o presidenti della Repubblica o ministri, se qualcosa di irreparabile come i nazismi o i fascismi non sia già accaduto dentro di noi.
*deputata radicale eletta nelle liste del Pd
© 2011 Tempi. Tutti i diritti riservati
SU