Omofobia, sì alla legge. La maggioranza si spacca

Via libera della Camera alla legge sull’omofobia, che ora passa al vaglio del Senato, ma la maggioranza va in pezzi. Con il Pdl che vota contro e il Pd e Scelta civica a favore. Ma a scatenare la bagarre è soprattutto un emendamento -frutto dell’accordo tra Democratici e Scelta civica-che costituisce di fatto un salvacondotto per partiti di destra e associazioni cattoliche. Alla fine la legge passa con 228 voti a favore, 57 contrari e 108 astensioni. E la protesta dei grillini in Aula. Il primo passo verso il reato di omofobia è compiuto. Al termine di una lunga maratona parlamentare, infatti, la Camera ha dato il via libera al testo che si propone di punire odio e violenza che nascono dalle discriminazioni sessuali. Ma la maggioranza si spacca e il provvedimento passa con il voto favorevole di Pd e Scelta civica, quello contrario del Pdl e l’astensione di Sel e grillini. È un valzer di maggioranze trasversali alimentate dal voto segreto, quello che va in scena a Montecitorio. A far esplodere il conflitto parlamentare è un emendamento del democratico Walter Verini sulle aggravanti della legge Mancino, che ora varranno anche per le discriminazioni contro i gay. Il Pdl denunciala rottura dei patti e si oppone a quello che considera a tutti gli effetti un nuovo reato d’opinione. L’emendamento, però, passa comunque grazie al sostegno del Movimento cinque stelle. Salta così l’ accordo tra le due principali forze di governo. E in Aula il Pd inizia a ricercare un complicato incastro di maggioranze variabili per portare a casa il risultato. Ma a surriscaldare ulteriormente il clima ci pensa un subemendamento proposto dal deputato di Scelta civica Gregorio Gitti. Si propone di tutelare - nell’ambito della legge sull’omofobia le opinioni espresse all’interno di organizzazioni di natura politica, culturale o religiosa.
Dopo un duro braccio di ferro, la norma ottiene il via libera grazie al consenso del Partito democratico (che perde però per strada parecchi voti), montiani e Lega Nord, ma con l’opposizione di grillini, Sel e Pdl. In pochi minuti il testo raccoglie una valanga di critiche. Per i grillini Alfonso Bonafede e Giulia Di Vita si rischia di vanificare gli sforzi compiuti. Di subemendamento vergognoso parla anche Sel, mentre il presidente di Arcigay, Flavio Romani, confida «rabbia e delusione». A difendere il subemendamento ci pensa però l’ideatore: «Le cosiddette "associazioni di tendenza", che svolgono attività di natura politica, sindacale, culturale, sanitaria, di istruzione, ovvero di religione o di culto - rivendica Gitti - devono avere la possibilità di esercitare la loro attività». A sera la Camera licenzia la legge. Votano a favore 228 deputati di Pd e Sc, si oppone il Pdl con 57 no (favorevole, però, Giancarlo Galan), mentre Sel e grillini si astengono. Toccherà ora al Senato fornire l’ultimo via libera al testo, ma i numeri di Palazzo Madama - e la spaccatura Pd-Pdl - non offrono garanzie di un esito positivo. Soddisfatto, comunque, è il relatore Ivan Scalfarotto: «Per la prima volta il Parlamento italiano afferma solennemente davanti al Paese che odiare gay, lesbiche e trans è sbagliato». Protestano, invece, i deputati del Movimento cinque stelle. Al momento del voto finale si baciano platealmente in Aula e accompagnano l’iniziativa con alcuni cartelli che rivendicano «più diritti». Mentre Montecitorio si occupa del reato di omofobia, Beppe Grillo sceglie di cavalcare gli ormai consueti attacchi pentastellati alla Presidente della Camera Laura Boldrini: «Rispetto reclama il leader dal suo blog - non voglio sentire i queruli rimproveri di una signora che dal suo scranno tratta i nostri rappresentanti come degli scolaretti. Chi le dà questa autorità?». E ancora: Boldrini è «un oggetto di arredamento del Potere». Poco dopo, su Twitter, arriva la replica della diretta interessata: «Grazie alle parlamentari di diversi partiti per la solidarietà contro un’offesa a tutte le donne».
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