Nuova stretta sulla fecondazione: vietata a chi ha malattie genetiche

Doppio stop alla fecondazione assistita per i portatori di malattie genetiche. Niente bebè in provetta per le coppie fertili e strada sbarrata anche per quelle sterili alla diagnosi preimpianto, in grado di prevenire il rischio di trasmissione di malattie come Sla, fibrosi cistica o talassemia ed evitare così il ricorso all'aborto terapeutico.
A fissare i paletti sono le nuove linee guida del Ministero della Salute, inviate al Consiglio superiore di sanità poche ore prima che il Governo rassegnasse le dimissioni.
Una decisione che solleva un nuovo vespaio di polemiche anche perché smentisce 16 sentenze di tribunali, che dal Nord al Sud avevano di fatto “reinterpretato” la Legge 40 a favore delle coppie. L'atto di indirizzo del ministero torna invece nel solco della legge, che consente la fecondazione assistita a chi è infertile o a chi è fertile ma portatore di malattie infettive a trasmissione sessuale, come Hiv o epatite B e C. Più ingarbugliata la questione delle diagnosi preimpianto.
L'avvocato Maria Paola Costantini, che ha curato e vinto svariati ricorsi con Cittadinanzattiva, non ha dubbi: “Gli articoli 13 e 14 della legge 40 consentono alla coppia il diritto di conoscere lo stato di salute dell'embrione, possibile appunto con la diagnosi preimpianto”. Non la pensa ovviamente così il sottosegretario uscente alla Salute Eugenia Roccella, che rimanda al mittente l'accusa di “golpe” e parla di “polverone strumentale” citando a proposito della diagnosi preimpianto lo stesso articolo 13 della legge, nella parte dove si specifica che “la ricerca clinica e sperimentale su ciascun embrione umano è consentita a condizione che si perseguano finalità esclusivamente terapeutiche e diagnostiche” e che vieta “ogni forma di selezione a scopo eugenetico degli embrioni”. Ed è sempre la legge 40, ricorda la Roccella, a circoscrivere l'accesso alla procreazione assistita ai casi di sterilità o di infertilità “e le linee guida - aggiunge – non possono vietare né consentire più di quanto sia già previsto dalla legge vigente”.
Una battaglia a colpi di articoli e commi che non cancella la realtà dei fatti: in Italia fare figli per i 2-3 milioni di italiani che soffrono di una malattia congenita, resta un rischio, sia per chi è fertile che per chi non lo è. E questo alimenta un lucroso mercato delle tecniche di inseminazione artificiale all'estero, “con prezzi che vanno dai 5mila euro in su”, assicura l'avvocato Costantini.
Contro le disposizioni del ministero, che agirebbero “contro la Costituzione e i legittimi poteri delle istituzioni e i tribunali”, tuona anche l'avvocato Filomena Gallo, Segretario dell'associazione Luca Coscioni, da tempo schierata a difesa delle coppie con malattie genetiche, che denuncia anche il mancato trasferimento degli embrioni abbandonati alla bio-banca di Milano, “costata 700mila euro e mai utilizzata”.
Critica la Società di medicina della riproduzione (Sismer), che ricorda come le diagnosi preimpianto siano una tecnica oramai sicura, mentre Livia Turco, che aveva firmato le vecchie linee-guida, parla di “grave arretramento culturale”.
La parola passa ora al Consiglio Superiore di Sanità e all'Istituto Superiore di Sanità, che dovranno esprimere un parere comunque non vincolante per il nuovo Governo. Che potrebbe decidere di invertire di nuovo la rotta.
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