Nonviolenti. Dunque silenziati

Le violenze, da qualsiasi parte vengano e chiunque le commetta, sono sempre da condannare; chi si arma di spranghe, scaglia pietre, getta acido sul viso delle persone, chi mette in essere azioni di guerriglia come hanno fatto i black bloc in occasione delle recenti manifestazioni anti Tav è il peggior nemico della causa che dice di voler difendere: se i mezzi qualificano i fini, la pagina scritta in Val di Susa è amara come il fiele.
Detto questo una riflessione sorge spontanea, e riguarda soprattutto noi che facciamo informazione.
Da oltre due mesi Marco Pannella è in sciopero della fame, per alcuni giorni ha fatto anche quello della sete. Con Pannella, per uno, due, cinque giorni, hanno digiunato e lottato altre quindicimila persone, almeno la metà detenuti e le loro famiglie; e poi gli avvocati penalisti, gli educatori penitenziari; il presidente della repubblica Napolitano ha scritto quello che ha scritto e lo ha fatto in modo ufficiale.
Un appello di sostegno alla lotta nonviolenta di Pannella e dei detenuti è stato sottoscritto da centinaia di personalità della politica e della cultura; e molto altro ancora. Ebbene, tutto in due mesi: ciò non ha avuto un decimo della visibilità che le proteste violente dei No Tav ha avuto in un giorno solo. Pannella e i detenuti digiunano, lottano con gli strumenti della nonviolenza e vengono mortificati, nessuno si preoccupa di raccontare il motivo per cui lo fanno. Degli scriteriati usano spranghe, tirano pietre, e subito sono pagine e pagine sui giornali, una quantità di servizi alla radio e alla televisione. Il nonviolento è silenziato, il violento "premiato" con una straordinaria visibilità e con la possibilità di essere conosciuto e valutato.
«Ormai abbiamo raggiunto il limite della capienza tollerabile. Certamente non possiamo andare avanti così». E allarme, questa volta, viene dal capo dell'amministrazione penitenziaria Franco Ionta: «La situazione è molto complessa e faticosa. I detenuti ospitati nelle 206 strutture italiane toccano quota 67mila, un numero ai limiti della capienza fisica tollerabile».
Bene. Per far fronte a questa emergenza che si fa? «Verranno costruiti venti nuovi padiglioni e undici nuovi istituti». Perfetto, quando accadrà? «Entro tre anni dall'affidamento degli appalti dovrebbe essere tutto ultimato». Sì, abbiamo capito bene: se ne parla nel 2015, nel migliore dei casi.
E nel frattempo? Perché a parte le condizioni inumane, letteralmente illegali in cui si costringono a vivere 70mile persone, un buon terzo delle quali in attesa di giudizio (e almeno la metà sarà dichiarata innocente), accade che ogni anno circa 150mila processi anno siano chiusi per scadenza dei termini. Solo quest'anno si calcolano circa 200mila prescrizioni. Ogni giorno almeno 410 processi vanno letteralmente in fumo. Sono le cifre di un'amnistia che viene tranquillamente accettata, e che si può permettere chi, avendo denaro, si può permettere bravi avvocati, capaci di districarsi tra le maglie dei codici e delle leggi, esperti nell'arte dell'allungare i tempi e procrastinarli. Non solo uri amnistia quotidiana e silenziosa, ma di classe. In galera, per lo più, restano dei poveri cristi.
L'altro giorno a Roma, i direttori penitenziari, hanno manifestato contro il governo e quella classe politica che sta facendo «macelleria di diritti sia delle persone detenute che degli operatori penitenziari, negando ai primi la dignità di un sistema carcerario civile, ai secondi quelli che afferiscono il trattamento giuridico ed economico di lavoratori in uno dei settori del pubblico tra i più difficili e tormentati».
È la prima volta nella loro storia che i direttori delle carceri e quelli degli uffici dell'esecuzione penale esterna scendono in piazza per protestare sullo stato penoso del sistema carcerario italiano. Ne ha parlato qualcuno?
Un messaggio di sostegno e di solidarietà non formale viene dal sindaco di Ferrara, Tiziano Tagliani: «Dobbiamo riconoscerlo: è grazie a Pannella, se l'Italia scopre oggi di doversi vergognare, ancor di più che del clima romano da basso impero, per la situazione carceraria del nostro paese. L'assunto "lontano dagli occhi lontano dal cuore" si sta infrangendo contro un grido disperato che denuncia in Italia una situazione disumana, che riguarda uomini e donne, detenuti e guardie carcerarie...».
Sarebbe bello, e utile, se si creasse un movimento dei sindaci, tutti insieme mobilitati per trovare forme di lotta e iniziativa politica comuni.
Continuano intanto le tragedie all'interno del carcere. Un detenuto a Busto Arsizio, dove sono recluse 400 persone e dovrebbero essere 160, ha tentato di impiccarsi. Gli agenti all'ultimo minuto sono riusciti a salvarlo. Bisogna fare come i black bloc per avere visibilità, perché ci si accorga di questa realtà, e si cominci a riflettere, a confrontarsi sulle possibili soluzioni?
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