"Nessun matrimonio molti funerali" La comunità gay scende in piazza

Dalla Rassegna stampa

Nessun matrimonio e molti funerali. Un titolo drammatico per quello che sta avvenendo in Italia, a Roma dove ieri un altro ragazzo ha perso la battaglia contro l'omofobia e si è tolto la vita. E Vladimir Luxuria, ex parlamentare, punto di riferimento del mondo gay, a parafrasare il film con Hugh Grant per raccontare il dramma di chi si sente escluso, senza il diritto di dire sì all'amore ma con quello di dire no alla vita: «A due passi da casa mia un altro giovane poco più che ventenne si è lanciato da un palazzo in quanto gay. In Italia non ci sono matrimoni gay, ma purtroppo tanti funerali gay, che ognuno interroghi la sua coscienza da politico a cittadino comune su quanto abbia contribuito a lottare contro l'omofobia o piuttosto a contribuire alla sua diffusione». Parole dure, amare che rimbalzano e si moltiplicano nella comunità delle associazioni gay che saranno in piazza il 30 ottobre, mercoledì, di notte, a Roma, in via di San Giovanni in Laterano (ribattezzata Gay Street), per sollecitare il parlamento ad approvare una legge contro l'omofobia.

«Non mi trovo bene in un mondo in cui esiste l'omofobia». Parole lasciate da Simone prima di lanciarsi dall'undicesimo piano rinunciando ai propri 21 anni. «Ha ragione», dice il portavoce del Gay Center, Fabrizio Marrazzo, «e gli omofobi facciano i conti con la propria coscienza». Un richiamo a istituzioni, società, scuola e al «Parlamento che ancora non ha approvato una legge contro l'omofobia degna di questo nome». «Una strage infinita», la definisce Franco Grillini, presidente Gaynet. «L'ennesimo suicidio di un omosessuale a Roma ci dice con chiarezza che nel nostro Paese la vita per moltissimi omosessuali è difficilissima e che nell'impossibilità di viversi in serenità, soprattutto i giovanissimi, decidono di farla finita». Maria Cecilia Guerra, sottosegretario al Lavoro con delega alle Pari Opportunità, parte dal dato «impressionante» della percentuale di suicidi che lo fanno a causa della propria omosessualità. Un 30 per cento che «deve spingerci ad agire». «Agire subito dentro e con la scuola - dice - e lavorare insieme alle famiglie. Sono questi i luoghi in cui un ragazzo come quello che oggi ha preferito morire può sentirsi accettato e sostenuto per quello che è». La scuola non deve rimanere a guardare, visto che dai muri dei suoi edifici, delle sue classi, spesso partono anatemi omofobi, scritte vergognose su ragazzi diversi.

E il sindaco Ignazio Marino twitta: «Iniziamo da qui». «Non lasciamo soli, i nostri giovani». L'assessore alla Scuola di Roma, Alessandra Cattoi, ribadisce come possa «svolgere un ruolo fondamentale nella lotta all'indifferenza, per costruire una società solidale, unita e soprattutto accogliente, dove nessuno possa più sentirsi solo, né diverso». Alessandro Zan, deputato Sel ed esponente del movimento gay, sottolinea come la politica fino ad ora abbia «fallito». Le parole lasciate scritte nel biglietto da questo povero ragazzo sono un «pesante atto d'accusa» e la «politica finora ha' fallito». Di «sconfitta» per tutte le persone civili parla anche Sveva Belviso, capogruppo Pdl di Roma Capitale. «Occorre operare congiuntamente, tutti, per un grande cambiamento di mentalità, occorre che venga sconfitta la cultura della discriminazione e dell'odio che è alla base della piaga dell'omofobia». Reazioni, indignazione, propositi. Ma niente può cancellare la parole di dolore e accusa di Simone, le ultime: «L'Italia è un Paese libero, ma esiste l'omofobia e chi ha questi atteggiamenti deve fare i conti con la propria coscienza».

 

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