Napolitano: basta con l'antipolitica. E esalta Pannella «Certe visioni distruttive sono una patologia eversiva». Il leader radicale esempio di «coerenza»

Dalla Rassegna stampa

Come dovrebbe essere fatta la politica, Napolitano lo fa capire in due modi. Con un'appassionata difesa della politica stessa contro «la più grande delle patologie con cui siamo chiamati come Paese civile a fare i conti», quella «dell'antipolitica».
E poi con un messaggio a Marco Pannella, breve ma ricco di significato.
«Il riconoscimento che hai appena avuto nel tuo Abruzzo», sono le parole che il Capo dello Stato rivolge al leader radicale appena insignito del premio Aprutium 2014, «è solo un segno dei tuoi lunghi percorsi attraverso l'Italia in tutte le battaglie di libertà, di democrazia e di giustizia di cui sei stato partecipe con incrollabile coerenza».
Nei due interventi del Presidente ci sono i due poli: da una parte il sistema come non dovrebbe essere, cioè afflitto dalle «infiltrazioni criminali e pratiche correttive» ma anche dall'antipolitica con le sue «rappresentazioni distruttive»; e dall'altra invece la democrazia così come si esprime nella sua accezione migliore: con Marco Pannella per esempio.
Ecco: mettere insieme nello stesso giorno questi due aspetti non pare casuale, per Giorgio Napolitano. Soprattutto non pare casuale il riferimento al leader dei radicali in un momento in cui è particolarmente difficile trovare qualcosa di buono nella politica.
Il messaggio del Colle esprime compiacimento per l'assegnazione a Parinella della medaglia Aprutium 2014 da parte del Consiglio regionale dell'Abruzzo.
Ma quello del Quirinale potrebbe essere anche un segno che anticipa una decisione a questo punto plausibile, ossia la nomina di Pannella a senatore a vita (peraltro invocata sui queste pagine, pochi giorni fa, con un intervento di Fausto Bertinotti).
Intanto certe scelte importanti Napolitano è solito farle precedere da una sorta di passaggio preliminare: diede il laticlavio a Mario Monti poco prima di conferirgli l'incarico di presidente del Consiglio. La ' storia forse sta per ripetersi, pur con le dovute differenze.
E poi le parole pubblicamente rivolte a Pannella arrivano proprio nel giorno in cui alla Camera passa un emendamento che cancella i senatori di nomina presidenziale. Può darsi sia una coincidenza, ma non è detto. Nel frattempo il Capo dello Stato prova a ergersi a baluardo della malandata politica anche nel pieno della tempesta di Mafia Capitale.
In effetti il convegno dell'Accademia dei Lincei pare fatto apposta: il titolo è "Crisi di valori da superare e speranze da coltivare per l'Italia e l'Europa di domani".
Lui non nega che i partiti siano al centro di un preoccupante processo di degrado. Parte infatti dalla «volontà» che «non deve mai essere dubbia» di «prevenire e colpire infiltrazioni criminali e pratiche correttive nella vita politica e amministrativa».
Infiltrazioni e corruzione, dice ancora Napolitano, «si riproducono attraverso i più diversi canali, come in questo momento è emerso dai clamorosi accertamenti della magistratura nella stessa Capitale».
E va bene. Poi però il vero affondo, Napolitano non lo sferra contro i partiti e le loro articolazioni locali.
Piuttosto si scaglia contro «la critica della politica e dei partiti» che è «degenerata in antipolitica, cioè in patologia eversiva». L'erbaccia da estirpare è dunque in quella che oggi tutti chiamano "narrazione", e che a proposito della vita politica mette in risalto solo il peggio.
Cosa fare, dunque?
Semplice, bisogna «reagire», denunciare «la faziosità, i luoghi comuni, le distorsioni» e impegnarsi «non solo nelle riforme necessarie, ma anche in un'azione volta a riavvicinare i giovani alla politica valorizzando, di questa, storicamente, i periodi migliori, più trasparenti e più creativi».
E non è poco. In un momento così, e poco prima di lasciare il Colle, Napolitano sceglie di non disertare la difesa della democrazia nelle sue forme tradizionali.
Senza peraltro elargire indulgenze a buon mercato. Il Capo dello Stato non è nuovo a scatti d'orgoglio di questo tipo.
In piena Tangentopoli, da presidente della Camera, fu tra i pochi a difendere la politica e lo fece in almeno tre occasioni: con la lettura a Montecitorio di una missiva di Sergio Moroni, con la censura del cappio agitato dai leghisti e con un intervento in difesa di Enzo Carra.
Nel discorso ai Lincei di ieri ci si potrà leggere persino un indiretto richiamo a Renzi, al precipitoso inasprimento delle pene per i reati di corruzione: Napolitano ricorda che bisogna «prevenire» e «colpire», e cioè fare pulizia nei partiti prima che i malfattori li inquinino. Il richiamo è alla politica che, nell'eccesso di populismo giustizialista, si fa essa stessa antipolitica. Forse non basterà a fermare il ddl in arrivo da Palazzo Chigi. Ma almeno il Colle mette le cose, nei limiti del possibile, al loro posto.

 

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