"Morti di carcere": una triste realtà

Dalla Rassegna stampa

Lenzuoli bianchi e militanti radicali sdraiati sotto di essi, come in un obitorio a cielo aperto. Sopra ognuno di essi, della cinquantina di coloro che, sdraiati sotto il lenzuolo, hanno partecipato martedì sera a Roma alla manifestazione-comizio organizzata dai Radicali italiani in occasione della giornata nazionale contro la tortura, e per chiedere al Parlamento italiano di istituire il relativo reato, un necrologio di uno degli 800 e passa “morti di carcere” degli ultimi dieci anni. In Italia infatti non esiste più la pena di morte, ma è molto diffusa “la morte come pena”, accessoria alla detenzione. E questo perché nelle patrie galere vige l’illegalità, l’anarchia menefreghista delle massime istituzioni e il pregiudizio, antico e ben radicato che fa agio sulla presunzione di innocenza fino a giudizio definitivo codificata nell’articolo 27 della Costituzione, per il quale “se uno è finito in galera qualcosa deve pure avere fatto”.
I parlamentari Radicali Rita Bernardini, Marco Perduca e Matteo Mecacci hanno ricordato come in questa legislatura si siano incardinati disegni di legge sia per l’inclusione del reato di tortura nel codice penale sia per la ratifica del protocollo addizionale alla convenzione Onu sulla tortura che consentirebbe agli ispettori delle Nazioni unite di verificare se in effetti la tortura sia praticata in Italia. Al centro degli altri interventi, tra i quali quello del segretario di Radicali italiani Mario Staderini e quello dell’ex senatore radicale Gianfranco Spadaccia, anche le condizioni carcerarie ritenute fuori dalla legge dalla corte europea dei diritti umani e l’assenza di dibattito su temi legati alla giustizia. Nel 2003 i radicali Maurizio Turco e Sergio d’Elia avevano scritto un libro sul 41 bis intitolato "Tortura democratica" che raccontava le storie e condizioni di vita di centinaia di reclusi per reati di mafia.
Del reato di tortura si è recentemente parlato dopo le polemiche seguite agli insulti scritti su Facebook all’indirizzo della madre del povero Federico Aldovrandi, un giovane morto nel 2005 in seguito al trattamento subito da parte di quattro agenti di polizia tutti condannati per omicidio colposo. Gli insulti provenivano proprio da uno di questi poliziotti, condannati ormai con pena definitiva, contro cui il ministro dell’Interno Cancellieri ha chiesto l’azione disciplinare che potrebbe preludere al licenziamento. Per gli oltre 800 morti di carcere e di “tortura democratica” in Italia negli ultimi dieci anni una magra consolazione. Ma pur sempre un atto di giustizia.

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