Monito di Bagnasco «Questione morale grave e urgente»

«La questione morale in politica, come in tutti gli altri ambiti del vivere pubblico e privato è grave e urgente e non riguarda solo le persone, ma anche le strutture e gli ordinamenti». Dopo i pesanti attacchi all'evasione fiscale del 19 agosto scorso, ieri il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, è tornato a parlare di “moralità pubblica”, nel corso dell'omelia al santuario genovese della Guardia. «Nessuno può negare l'impegno generoso e la rettitudine limpida di molti che operano nel mondo della politica e della pubblica amministrazione, dell'economia, della finanza e dell'impresa. A loro va rinnovata stima e fiducia. Ciò non dimeno la questione riguarda tutti come un problema non solo politico ma culturale ed educativo. Non si tratta in primo luogo di fare diversamente, ma di pensare diversamente, in modo più vero e nobile se si vuole purificare l'aria e i nostri giovani non siano avvelenati nello spirito. So bene -ha proseguito- che il compito è arduo perché si tratta di intaccare consuetudini e interessi vetusti, stili e prassi lontani dall'essenziale e dalla trasparenza, dal sacrificio e dal dovere, ma è possibile perché la gente lo chiede e perché è giusto».
Parole che arrivano in giorni delicati per la politica italiana, stretta tra le definizione della manovra e gli sviluppi di inchieste sulla corruzione. «C'è bisogno di una grande conversione culturale e sociale e coloro che hanno particolari responsabilità rispetto alla vita pubblica» e «quanti hanno poteri ed interessi economici ne hanno il dovere impellente più degli altri, sapendo che attraverso il loro operare propongono modelli culturali destinati a diventare dominanti».
Due giorni fa, durante la processione della vigilia, il cardinale aveva ribadito la sua strenua difesa alla famiglia. «Lo Stato ha il compito grave di salvaguardare e di promuovere il bene primario della famiglia. Bisogna difendere la famiglia tradizionale contro chi vorrebbe renderla un soggetto ondivago, senza il sigillo oggettivo del matrimonio». Peraltro in questi giorni la Cei - e in generale la Chiesa - è oggetto di critiche per i presunti privilegi di cui godrebbe in campo fiscale. In particolare sono stati i radicali a sollecitare provvedimenti di riduzione delle agevolazioni, e su internet si è scatenato un dibattito molto acceso. A questi attacchi ha risposto sabato scorso un editoriale del direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, che ha parlato di «impressionante campagna politico-mediatica, fatta scattare a suon di numeri a casaccio e falsità ripetute ossessivamente per tentare di far deragliare quella a marchio 'cattolico' pro-famiglia e per un fisco giusto, amico della famiglia è uguale per tutti». Prefigurando che dietro gli attacchi alla Chiesa vi fossero la massoneria, richiamando una presa di posizione del Gran Maestro del Goi, Gustavo Raffi. E ieri è arrivata la replica dello stesso Raffi: «Non abbiamo tacciato la Chiesa di evasione fiscale, né attaccato il popolo delle parrocchie e degli oratori. In un periodo di grave crisi economica, in cui si chiede ai più deboli di sopportare duri sacrifici, chiediamo che lo Stato elimini ogni sorta di privilegi ed esenzioni, sospendendo l'8 per mille fino al raggiungimento del pareggio di bilancio, come fissato nella manovra. Questa è giustizia sociale, non guerra di religione».
Sul tema è intervenuto il rettore della Lumsa e presidente del Tribunale vaticano, Giuseppe Della Torre. Quelli di cui gode la Chiesa in materia fiscale «non sono privilegi», e su questo argomento di fa molta «disinformazione», oltre che «strumentalizzazione» ha detto il giurista all'agenzia Sir. «L'esenzione dall'Ici è riconosciuta per alcuni immobili non commerciali nei quali si svolgono attività di particolare rilevanza sociale. Non è soltanto la Chiesa cattolica, pertanto, a beneficiarne, ma tutti gli enti non commerciali pubblici e privati, laici e religiosi, di altre Chiese, organizzazioni di volontariato, ong, onlus, enti non profit. E pure immobili dello Stato e di altri enti pubblici, purché vi si svolga un'attività di rilevanza sociale e che non comporti un guadagno».
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