In molti sperano in un mandato a termine per riscrivere il porcellum

Dalla Rassegna stampa

Nello scommettitoio cui ormai si riducono i palazzi romani (ci s'interroga sui comportamenti dei singoli, sulle fughe, sugli acquisti, sulle tattiche, soprattutto sui governi possibili) un posto non proprio piccolo è occupato dalla legge elettorale.

Di quando in quando l'argomento ritorna. Lo stesso Silvio Berlusconi, per un certo periodo, fece intravedere la disponibilità a ristendere il porcellum, sia pure per evitare il (possibile, ma tutt'altro che sicuro) referendum di primavera che, se effettuato, riporterebbe in vigore il mattarellum.

Non è un mistero che, accanto ai gravissimi problemi rappresentati dalla manovra o dalle manovre da attuarsi per rimediare al tracollo finanziario, si collochi pure una questione schiettamente politica e ben minore rispetto agli impegni con l'Europa, quale la riforma elettorale.

Le vicende s'ingarbugliano quando si vogliano identificare le mire dei vari partiti.

Il Pd, apparentemente favorevole a drastiche modifiche delle norme in vigore (ma incerto e diviso sulle proposte sostitutive, mutevolmente introdotte con contrapposti progetti), sembra al momento accontentarsi dello status quo, convinto dì poter vincere agevolmente alleandosi con Idv e Sel, ed eventualmente minori spezzoni socialisti e verdi (e i radicali?). Semmai, nutre qualche dubbio su palazzo Madama.

La Lega gradirebbe una nuova legge che le consenta di presentarsi da sola, per sfruttare al massimo la collocazione contro tutti, come fu nel 1996.

Il Terzo polo vede bene qualsiasi riforma che superi il bipolarismo e sia in sostanza proporzionale, senza però cadere in una formula come quella spagnola, che rischierebbe di quasi azzerarne la presenza parlamentare.

Quanto al Pdl, molte sono le anime: c'è pure chi punterebbe sul permanere del porcellum, sperando in un esito incerto al Senato.

Molti sperano in una ripetizione politica da parte di Giorgio Napolitano, il quale nel 2008, dopo le dimissioni di Romano Prodi, operò un tentativo con l'allora presidente del Senato, Franco Marini, per un gabinetto a termine, incaricato essenzialmente di riscrivere la legge elettorale.

Si gradirebbe che dal Colle fosse varata una nuova «operazione Marini», assegnando al governo venturo anche (ovviamente, non solo) la riforma elettorale. Riforma che ciascuno, però, vede a modo proprio.

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