La modernità richiede più coraggio

La società tra professionisti (Stp) sta per trovare il regolamento di attuazione, ma è circondata da una serie di equivoci che, se non rimossi, finiranno per frenarne il vero decollo. Ci sono almeno quattro questioni strategiche che devono essere valutate con attenzione per capire se il nuovo istituto potrà incontrare consensi e se rappresenta un vero passo avanti in termini di liberalizzazione.
I soci di capitale. La normativa nasce per consentire l'ingresso del capitale nel mondo professionale, per fronteggiare con strumenti moderni l'evoluzione del sistema economico. Le norme sconfessano però questo obiettivo, forse a causa dei timori eccessivi di "spersonalizzazione" della prestazione professionale, introducendo pesanti vincoli sui soci di capitale (numero e diritti di voto). Al contrario, la qualità della prestazione va garantita dalle regole sulle responsabilità, sulle coperture assicurative, sugli aspetti di cui si occupa correttamente il regolamento attuativo.
Bisogna prendere atto che il modello al quale prima o poi si arriverà è quello dei centri di assistenza fiscale o dei laboratori di analisi, in cui la qualità della prestazione è garantita dal fatto che la responsabilità è affidata a un direttore con specifici requisiti professionali.
Nel terzo millennio, non ha senso prevedere l'ingresso dei capitali e poi limitarne il diritto di voto a un terzo: possono nascere comunque società in cui i soci investitori voteranno per un terzo ma avranno la maggioranza degli utili.
La vera tutela per il cliente è la professionalità di chi svolge la prestazione o di chi dirige la struttura, (esattamente come avviene da decenni, a esempio, per le società di servizi che fiancheggiano gli studi professionali).
Una sola società per professionista. È stato introdotto dalla stessa legge 183/2011 il vincolo per cui ogni soggetto può partecipare a una sola Stp; la limitazione dovrebbe riguardare tutti i tipi di soci.
È una richiesta incomprensibile, talmente assurda da rendere la Stp, fin da subito, più rigida e meno utilizzabile delle associazioni professionali. Oggi un professionista può far parte di infiniti studi associati, mono o pluri professionali, e questa elasticità viene sfruttata per sviluppare alleanze con operatori che esercitano altre professioni, per aprire attività con altri professionisti in città diverse, e così via.
La nuova società tra professionisti impedisce tutto questo: una volta fatta una scelta, ogni altra possibilità è preclusa. La limitazione è ancora più assurda se riferita ai soci di capitale: qualsiasi investitore istituzionale interessato al mondo professionale (una banca, una società di software, un produttore di strumentazione tecnica) non prenderà mai in considerazione l'ipotesi, visto che può aggregarsi a una sola società. Le nuove norme hanno ottenuto esattamente il contrario di quanto ci si proponeva: il nuovo strumento ha più vincoli del vecchio, che rimane di gran lunga preferibile.
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