Il modello per la capitale

Dalla Rassegna stampa

Con le prime candidature per il Campidoglio e la Regione entra nel vivo la campagna elettorale romana. Nulla è ancora deciso ufficialmente, ma i segnali sembrano andare tutti nella stessa direzione: sia nella sfida per il Campidoglio sia in quella per la Pisana, a competere saranno politici di professione, l'uscente Gianni Alemanno per il Pdl ha annunciato ieri che cercherà com'era scontato la riconferma, con buona probabilità anche se la partita è aperta Enrico Gasbarra, segretario del Pd laziale, dovrebbe scendere in campo a sfidarlo, almeno così vorrebbe l'establishment cittadino di centro e di sinistra, preferendolo agli altri candidati per le primarie della coalizione.

E, per la Regione, è già in pista da tempo il presidente della Provincia Nicola Zingaretti, una carriera di rispetto tutta nel partito, tanto che intelligentemente cerca di costruirsi un profilo più indipendente: se la vedrà, sembra, con un candidato del Pdl doc, colui o colei che se la sentirà di giocarsi una partita considerata quasi impossibile. È vero che in questi giorni sono circolati nomi di candidati non di partito, ma si tratta di identikit che non hanno la forza e l'indipendenza necessaria a portare nella sfida un cambiamento.

Ma al di là dei nomi, quel che manca finora è il dibattito aperto con un contributo anche critico da parte della società civile. Non si tratta di cercare nuovi candidati fuori dalla politica ma di intercettare e cogliere i fermenti che ci sono in città e nella regione. Basta osservare il modello milanese-lombardo. La competizione fuori dagli schemi fra Letizia Moratti e Giuliano Pisapia ha dato a Milano un sindaco certo non alieno dall'esperienza politica, ma sicuramente supportato, rafforzato, trainato anche dalla partecipazione della società civile di cui si è fatto forte e interprete. E alla Regione, la candidatura di Umberto Ambrosoli per il centrosinistra, uomo che per passato e presente può impersonare il futuro di una certa civile storia lombarda, vedrà forse come contraltare probabilmente non solo Roberto Maroni ma anche Gabriele Albertini, un politico ma non identificabile con le logiche di partito. E ci si chiede dunque perché quello che dovrebbe, nel 2012, essere poco più che uno stereotipo - l'operosa Lombardia che fa valere anche in politica le proprie risorse culturali, imprenditoriali, creative e Roma che risponde con la politica tradizionale - sia invece ancora molto attuale.

Se insomma è normale, se ha un senso, che la Capitale d'Italia non riesca a produrre anche talenti estranei al mondo della politica professionale. Personaggi e liste non che si presentino autonomamente ma dentro le dinamiche delle coalizioni allargate, misurandosi dunque con la politica, per portare alla sintesi migliore.

La sfida più fuori dagli schemi nel Lazio è stata quella tra Bonino e Polverini per la Regione, ma ha portato risultati non certo brillanti. Perché è vero che la politica non merita di essere demonizzata a prescindere, che resta arte nobile se interpretata nobilmente, che la gestione e l'amministrazione non si improvvisano né sono frutto - solo - di intuizioni e sogni. Ma la capacità di guardare oltre il confine degli spazi prestabiliti e degli schemi prevedibili è quello che, oggi, molti elettori disillusi chiedono. Sarebbe bello che, in qualche modo, venissero accontentati.

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