La macchina giudiziaria inceppata

La riforma epocale della giustizia presumibilmente tarderà ancora. Intanto la cronaca giudiziaria offre spunti significativi. La settimana scorsa si è chiusa con la notizia della avvenuta decorrenza dei termini di carcerazione per alcuni favoreggiatori, naturalmente presunti, di Bernardo Provenzano. La macchina giudiziaria, dunque, continua a incepparsi mentre le garanzie che si vorrebbero riguardano proprio la certezza del suo funzionamento. L'unica cosa certa è invece il sovraffollamento inumano delle carceri che inevitabilmente sono popolate dagli unici che non sfuggono alle maglie di un sistema implacabile solo con i poveracci, quelli "brutti, sporchi e cattivi" che a nessun partito conviene elettoralmente difendere.
Infatti per loro, anche per loro, Pannella continua uno sciopero della fame che passa nel silenzio - rotto da pochi fra i quali il direttore di questo giornale - e nella stessa assuefazione, denunciata per una questione analogamente grave ieri dal presidente Napolitano con una lettera al Corriere della Sera. La magistratura, specie quella inquirente, lamenta carenza di mezzi e superlavoro. Non ha torto. Ma a volte viene il dubbio che tempo e mezzi potrebbero essere meglio impiegati. Il giornale on-line Sicilia Informazioni ieri informava di nuovi sviluppi dell'inchiesta del procuratore aggiunto palermitano Ingroia sulla morte del bandito Giuliano. Dopo l'esame della salma avvenuta mesi fa, oggi arrivano carte a supporto dell'ipotesi che il bandito non sia stato ucciso ma abbia potuto trovare rifugio negli USA.
Lo scrivono lo storico dilettante Casarrubea e un ricercatore venezuelano. A sostegno della loro tesi, che il procuratore aggiunto intende verificare, un articolo di un giornale di Chicago del 1950 - che parla della possibilità che Giuliano sia riparato negli USA. Ne parla al condizionale. I soldi, nostri, e il tempo dedicato all'imprescindibile inchiesta si declinano invece all'indicativo.
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