L'Italia esige un decentramento trasparente e controllato

Bisogna cambiare pagina. Dobbiamo dire con chiarezza che la stagione della spesa pubblica territoriale senza controlli è finita, è durata anche troppo a lungo. Così come la moltiplicazione delle burocrazie e il proliferare dei poteri di veto sono un costo che l'impresa italiana non può più sopportare.
L'inchiesta condotta dal Sole 24 Ore documenta che, in dieci anni, le tasse delle Regioni sono aumentate del 50% e quelle percepite dallo Stato, a livello centrale, del 31,6% a fronte di una crescita della spesa pubblica improduttiva che rischia di soffocare le forze sane del mondo della produzione e di mortificare lo spirito di intrapresa e la voglia di fare delle nuove generazioni.
Siamo in presenza di un circolo vizioso che imbriglia il sistema Paese e va spezzato con determinazione e pragmatismo sottraendoci a derive ideologiche.
Non si tratta di discutere principi condivisi di decentramento e di rappresentanza e governo del territorio, ma piuttosto di ancorare scelte e comportamenti a un sistema di premialità e di sanzioni cogenti che assicuri al nostro Paese, ai cittadini e alle imprese, un decentramento trasparente e controllato. La "irresponsabilità" della spesa pubblica, esentata da ogni forma effettiva di vigilanza, si traduce, come si è visto, in un formidabile generatore di nuova assistenza e di nuove imposizioni fiscali accrescendo, per di più, il groviglio di vincoli che rende difficile la vita delle nostre imprese e allontana dall'Italia gli investitori internazionali.
Agli interventi nel breve termine, assolutamente necessari, dovranno seguire quelli di medio termine che recuperino lo spirito costituente e sappiano, quindi, ridefinire correttamente il perimetro dello Stato. Non esiste altra via per riscrivere stabilmente le regole della finanza pubblica e garantire recupero di efficienza, qualità dei servizi, risparmi duraturi.
Credo che sia giusto, dunque, concentrarsi su quella che sento come la priorità assoluta del Paese: l'efficienza della pubblica amministrazione in ogni sua istituzione, in ogni suo apparato, in ogni suo ufficio. All'Assemblea del 24 maggio, la prima che ho avuto l'onore di presiedere, ho affermato che la riforma della pubblica amministrazione è "la madre di tutte le riforme". È una rivoluzione che non è né di destra né di sinistra, ma che è sotto la bandiera dell'equità e del merito, del rispetto dei cittadini e di tutti quanti, e sono tantissimi, che al servizio pubblico dedicano competenza e passione, mal o mai riconosciute. È questa la rivoluzione con cui l'Italia può rispondere alle sfide della globalizzazione e delle tecnologie dell'informatica e della comunicazione. E quello che è emerso e sta emergendo sul governo delle Regioni dimostra ancora di più l'urgenza dell'azione.
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