L'euro nella gabbia della Corte tedesca

Dalla Rassegna stampa

La scena è degna della "patafisica", la scienza delle soluzioni immaginarie. Il presidente della Corte costituzionale tedesca chiede ieri mattina al rappresentante del Governo: quanto tempo ci date per valutare se il fondo di stabilità europeo è legittimo, prima che si abbiano conseguenze negative sui mercati finanziari? E lo sventurato risponde: «Qualche settimana...».

Dunque un paio di settimane dopo le tre normalmente necessarie, i giudici tedeschi decideranno se far crollare l'euro prima che l'euro sia già crollato. Il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble ha cercato di spiegare il rischio, ma senza esito. «La democrazia ha il suo prezzo», aveva ricordato candidamente la Corte pochi giorni fa. Come negarlo? Stati democratici ed Europa hanno bisogno l'uno dell'altro, ma anche l'Europa ha il suo prezzo.

Chi conosce i segnali di fumo che escono dai conclave di Karlsruhe è certo che i giudici non metteranno consapevolmente a rischio l'euro. Nessuno pensa che i giudici fermino i patti fiscali europei (il Fiskalpakt), perché replicano quelli già scritti nella Costituzione tedesca. La preoccupazione riguarda il fondo salva-Stati (Esm). Si teme che dicano che è legittimo, ma a condizione che sia inutile. Cioè solo se disporrà di pochi fondi e certamente non tanti quanti necessari a superare la crisi del debito in Spagna e Italia. I limiti sono rilevanti perché il Consiglio Ue ha accelerato la capitalizzazione dell'Esm che arriverà a 500 miliardi di euro e la cancelliera tedesca studia i progetti di uso "a leva" del capitale che permetterebbero all'Esm di muovere cifre davvero rilevanti.

Sarebbe forse il piano risolutivo della crisi, ma cadrebbe se la Corte ponesse un limite alle perdite potenziali a carico del bilancio federale.
Le idee di interdipendenza finanziaria, di rischio sistemico europeo o di sovranità relativa non hanno fatto breccia nella cultura di Karlsruhe, che è profonda e ammirevole, ma che non vede il principio di democrazia realizzato altro che entro i confini della comunità politica omogenea della Nazione.

È difficile dare la misura di quanto la diffidenza della Corte tedesca abbiano pesato sulla crisi europea. Senza le sentenze sui Trattati di Maastricht e di Lisbona la crisi si sarebbe potuta risolvere nel gennaio del 2010, ma per poter violare il divieto di salvataggio della Grecia (la famosa clausola di no-bailout del Trattato Ue) senza l'opposizione della Corte, la cancelliera Merkel ha dovuto motivare l'intervento con la necessità - anzi l'obbligo - di difesa della moneta dei tedeschi (l'euro) che a sua volta era possibile giustificare solo aspettando il maggio 2010 quando, ritardo dopo ritardo, l'euro stesso era finalmente giunto sull'orlo del precipizio. Da allora, dopo essersi estesa a tutta l'euro area, la crisi non ha più smesso di peggiorare.

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