Lettere: Pannella, le carceri e le altre vittime

Dalla Rassegna stampa

Gentile direttore, possibile che ci voglia sempre e soltanto uno sciopero della fame di Marco Pannella per solleticare l’opinione pubblica sulle condizioni disumane delle nostre carceri? Se non fosse per lui, Pannella dico, nessuno ne parla mai, o quasi mai. Nemmeno i giornali. Gli edifici non sono adeguati ad accogliere tutti i detenuti, quindi tanto vale fare una bella amnistia e ricominciare da zero. Sto parlando dei disgraziati, non degli assassini incalliti. Voi giornali non ne parlate mai.

Giorgio Merli, Pontedera

Caro Merli, anch’io sono un ammiratore di Pannella, a cui riconosco coraggio, capacità di mettersi in gioco, fino a mettere a repentaglio la propria salute. Gli riconosco anche un costante impegno sul fronte dei diritti civili. Credo però che dovrebbe, o avrebbe dovuto, occuparsi di più anche dei doveri. Credo che avrebbe dovuto prestare attenzione a tutte le vittime della società e non solo a una parte. Per quanto riguarda i carcerati, sarebbe demenziale affermare che le nostre galere rispondono a tutti i requisiti di civiltà. Ci mancherebbe. Ma non bisogna neppure dimenticare che gli “abitanti” di queste strutture sono signori che la società ha ritenuto di dover tenere alla larga (o alla stretta) dagli altri cittadini, perché hanno fatto del male. Se loro sono vittime di una situazione spesso disumana, non dimentichiamo dunque che fuori ci sono le loro vittime, gente a cui hanno tolto i beni, la salute, a volte anche la vita. La pietà, insomma, dovrebbe essere a 360 gradi. E Pannella, forse, qualche scioperetto della fame potrebbe farlo anche per un negoziante o un anziano rapinato, a cui in un attimo è andato in fumo il lavoro di una vita.

Gabriele Cané

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