Lettera - Doppio turno per i parlamentari come per i sindaci

Cara Europa, perché Pd e radicali, stando insieme nello stesso gruppo alla camera e al senato, fanno sempre baruffe? Ultima quella sulla legge elettorale. Non sarebbe meglio rinunciare a un po' di vis polemica e trovare accordi costruttivi, su temi, in fondo, condivisi, come quelli dell'uninominale e del doppio turno con ballottaggio?
Altiero Marchesani, Milano
Caro Marchesani, la sua lettera mi riporta ai referendum del1991 e del 1993 per abrogare la proporzionale. Questo era lo scopo comune a tutti noi referendari. Poi c'era il resto: cioè, come organizzare legislativo ed esecutivo (presidenziale, parlamentare rafforzato, premierato), e quale tra i possibili sistemi uninominali fosse più adatto all'armonia istituzionale. C'eravamo tutti nel comitato referendario, da Segni a Pannella, a Barbera, Scoppola, Elia, Bassanini, Barile, Zanone, Bonino, Passigli, Giannini... Avevamo due tendenze: i più preferivamo realizzare, dopo la vittoria, il doppio turno in collegi uninominali, come in Francia (ma senza la sovrastruttura del semipresidenzialismo, creata a suo tempo come Arco di trionfo per De Gaulle); altri, guidati da Marco Pannella e dai radicali, da sempre erano stati per l'uninominale secco e presidenzialista anglosassone.
Oggi questa pluridecennale divisione è accantonata nella proposta di legge che 13 deputati (e 10 senatori) del Pd, rappresentanti di tutte le anime interne del partito, hanno depositato in parlamento, in favore del doppio turno francese: primo firmatario alla camera l'onorevole Rigonfi, seguito da Cuperlo, Ceccanti, Merlo, Simonetta Rubinato e altri. La proposta di legge è stata subito firmata da Maurizio Turco e da altri cinque deputati radicali nel Pd. Altre firme si stanno aggiungendo. Prima fra tutte quella di Arturo Parisi che aveva portato il suo Ulivo a queste problematiche. La proposta già anticipa e scartala questione che ci divise nel '91 '93 del semipresidenzialismo: è senza fondamento - dice la relazione - che il doppio turno s'incastri bene nel sistema istituzionale solo con l'elezione diretta del capo dello stato, dotato di molti poteri dell'esecutivo. «Il nostro sistema, invece, si è venuto via via strutturando in uno schema bipolare che, se confermato da un sistema elettorale maggioritario, può raggiungere, anche solo per tale via, la stabilità delle istituzioni».
Come vede, caro Marchesani, il bisticcio radicali-Pd s'è rapidamente risolto in un'intesa pragmatica. Il Pd dichiara di non nutrire nostalgie semiproporzionaliste (o semimaggioritarie) alla Mattarellum, come avrebbe potuto far pensare qualche accenno al sistema ungherese (ci mancherebbe solo un riconoscimento all'Ungheria, con quel fior di Costituzione clericoautoritaria-fascistoide che s'è appena data, e di cui bisognerà discutere se sia compatibile con l'Europa). Pierluigi Bersani ha detto che nel suo pensiero non ci sono modelli ungheresi turchi o mongoli, ma solo italiani, com'è appunto questo doppio turno senza semipresidenzialismo. A sua volta Marco Pannella ha riconosciuto che il modello francese, «per ora», è il più praticabile per conquistare l'uninominale, e farla finita con nani, ballerine e Scilipoti nominati in liste proporzionali dagli alti gerarchi di partito.
Insomma, tutti tengono in movimento il proprio cervello, e nel Pd non c'è discordia coi radicali «su tutto»: a questi va reso atto d'aver tenuto la bandiera dell'uninominale maggioritario per cinquant'anni, e che oggi si muovono verso quella forma più europea di maggioritario che è il doppio turno con più partiti. Ai democratici, che ereditano pesanti storie di proporzionali, va dato atto che a loro volta non sembrano avere nostalgie delle mille palline colorate che i ragazzi vogliono nell'albero di Natale. Se ne potranno attaccare un paio, come l'abbassamento della soglia del 12 per cento per accedere al ballottaggio, o prevedere che un ventesimo dei seggi dell'assemblea sia riservato al cosiddetto "diritto di tribuna", per i partiti non riconducibili alle coalizioni di centrodestra e di centrosinistra? «Forse, è cosa che dovremo vedere», ci dice Barbera, ancora esultante per il perfetto funzionamento del ballottaggio nelle città, che ha consentito ai cittadini di avere sindaco e giunta una settimana dopo le elezioni. Come accadrebbe per il governo a tutti gli italiani.
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