Lettera - Il catto-fascismo di Alemanno ripropone le “bubbole” del Ventennio

Cara Europa, mentre vi ringrazio – da persona etero, sposata, padre di due figli – per quel che avete scritto in difesa del sindaco Pisapia, che a Milano sostiene le ragioni del comune versus la Curia del vescovo Scola sui registri della coppie di fatto, vi prego di tenere gli occhi aperti sulla campagna elettorale di Roma, cominciata mercoledì con la presentazione di una lista civica pro-Alemanno, garantita da nomi illustri della cultura di destra (e perfino di ebrei, leggo su qualche giornale, stante la nota differenza fra parte della sinagoga romana ed altre). Non mi ha sorpreso che, nella sua cultura fascista, Alemanno veda divisa la cittadinanza in buoni e cattivi (cattivi i veltroniani e altri votanti per Zingaretti). Invece mi ha colpito che nel suo furore da ex picchiatore almirantiano, il sindaco abbia ripreso i temi mussoliniani della stirpe e dell’incremento demografico, negando fin d’ora qualsiasi riconoscimento amministrativo al biotestamento e alle coppie di fatto, «contrarie alla vita e alla natura di Roma» (testuale dalla cronaca di Repubblica, 26 luglio, cronaca pag. IX) .
Alessandro De Riesi, Roma
Caro ingegnere, la sua lettera coglie, al di là del mai rinnegato razzismo, il vero centro della cultura fascista, a Roma e non solo. La cultura dello stato e della politica che Carl Schmitt elaborò come guerra «amico/nemico», ovvero chi sta con noi e chi è contro di noi. Cultura che da Schmitt trasmigrò nel nazismo di Hitler, con le conseguenze sulla razza eletta e sullo sterminio degli ebrei che ben conosciamo, anche Alemanno. L’amico/nemico toglie ogni “valore” all’invito del sindaco a Zingaretti per una campagna elettorale che non faccia ripiombare la politica «nel fango»; che «non si torni al veltronismo», come dice l’ex viceministro fascio-berlusconiano Ronchi, che lo ha definito qualcosa «tra Africa e feste e che ha rischiato di portarci al default». E certo per un berlusconiano che ha passato anni al governo, mentre da Roma ad Arcore alla Sardegna dilagavano feste e minorenni, dev’essere facile valutare i costi di una politica festaiola e, almeno a letto, multietnica.
Comunque, dalla cultura amico/nemico deriva facile il no di Alemanno a «biotestamento e coppie di fatto perché contrari alla vita e alla natura della capitale». «Vita», per Alemanno, sarebbe restare attaccati alle cannule come Eluana Englaro per la gioia di preti e cliniche; «natura della capitale» significa sede della Chiesa, e dunque città proibita a ogni cultura che non sia quella catto-fascista dei Trattati e dei Concordati e delle deroghe al piano regolatore (come quelle che il vice presidente regionale Ciocchetti ha preannunciato in favore dei parroci-imprenditori, di cui abbiamo scritto due giorni fa). Vede bene, caro ingegnere, che tutto torna. Tornano anche i fantasmi fascisti della gioventù in persone che non hanno bisogno, per le loro qualità artistiche, di stare fra i garanti della lista civica pro Alemanno: si parla di Albertazzi (ma non ci credo affatto), Pupi Avati, Alberoni, Portoghesi, Mayer, Bevilacqua, Mogol, Buzzanca, Quilici. E di manager di aziende comunali, e di gioiellieri di via Condotti (noti per l’estrema povertà dei loro redditi).
Ma, si sa, Roma è ostaggio di costruttori, tassisti e commercianti d’alto bordo, diventati prepotenti fino al punto che a piazza Navona rifiutano perfino l’ordinanza del sindaco di ritirarsi dagli spazi «fuori marciapiede» occupati dai 12 ristoratori; come del resto al Pantheon. A piazza San Silvestro non è stato possibile impedire l’obbrobrio kitsch in cui Portoghesi ha trasformato la già rovinatissima ex umbertina piazza San Silvestro. Vada a vedere l’ex perla dei Parioli, piazzale delle Muse, e troverà un’algida lastra di cemento a copertura dell’immenso parcheggio nel quale hanno sotterrato i nostri ricordi di giovani e i sogni di giovani d’oggi; o piazza Risorgimento, o piazza Sant’Emerenziana dove al posto di un piccolo spazio alberato hanno eretto un cubo per lo sfiatatoio della metropolitana; mentre a via Nemorense si minaccia la devastazione del Parco Virgiliano, anche lì per farne un supergarage; ecc. ecc. È forse per questa Roma avida e cementiera che si battono i nostri succitati intellettuali?
Perché, come dice Pupi Avati, «se ho aderito all’invito di essere garante vuol dire che ho apprezzato quello che è stato fatto»? Complimenti ai maestri. Cosa non si farebbe per un altro colpo di manovella, specie in tarda età.
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