Lettera aperta a Ristretti Orizzonti e ai Responsabili del DAP

Oggi sono indubbiamente amareggiato. Lo sono sempre quando mi sfugge il senso di un confronto che, invece di avere toni civili e riflessivi, scade nella polemica. Specie se si tratta di una polemica di cui non capisco le origini. Assisto perplesso alle “precisazioni” del DAP relative alla questione dei suicidi in carcere e ai “rimproveri” mossi a Ristretti Orizzonti. Può anche darsi che nei dati forniti da Ristretti vi sia stata qualche imprecisione. D’altronde posso testimoniare che le imprecisioni sono abituali in taluni dati forniti abitualmente dal DAP.
Posso dirlo con certezza, ad esempio, per quello che riguarda i dati relativi alle patologie psichiatriche in ambito penitenziario. Io, però, mi chiedo come si possa rimproverare una testata come Ristretti Orizzonti, che in maniera davvero puntuale ed ecumenica ospita opinioni anche di segno opposto relative alle questioni penitenziarie, dimostrando un interesse per tali questioni, e quindi per gli uomini detenuti, che non può che essere grandemente lodato.
La questione dei suicidi e delle morti in ambito penitenziario è di sicuro rilievo. Lo sa bene l’attuale Direttore Generale del DAP, il Presidente Giovanni Tamburino, che per anni, quando era a capo dell’Ufficio Studi e Ricerche, ha fortemente voluto una Commissione per lo studio dei suicidi in carcere. Io, personalmente, avrei composto quella Commissione (o comunque quel Gruppo) in maniera diversa da come fece il Presidente Tamburino, con il coinvolgimento di coloro che si occupano direttamente dell’assistenza dei detenuti. Resta tuttavia encomiabile l’attenzione che il Presidente Tamburino dimostrò in quella circostanza. Non capisco, allora, come si possa attaccare una testata come Ristretti Orizzonti, quasi l’unica che da anni ci informa con grande puntualità di tutte le questioni che riguardano i detenuti, compresa la questione dei suicidi.
Io, dunque, sono grato a Ornella Favero e a tutti gli amici (li considero tali) di Ristretti Orizzonti, poiché la loro passione e la loro tenacia mi inducono a credere che vi sia ancora una consistente parte civile in questa nostra società. Poco mi importa che talora le posizioni di Ristretti Orizzonti possano apparire a tutta prima un po’ di parte. Stare dalla parte dei deboli denota in ogni caso un po’ di coraggio.
Auspico dunque che il DAP apra un dialogo franco con tutti coloro che si occupano, in maniera appassionata dei temi del penitenziario. Tanto più se lo fanno ricercando notizie, scambiandosele, divulgandole. La trasparenza e la competenza sono requisiti essenziali perché i problemi vengano affrontati e risolti. Specie in un campo dove la sinergia di tutte le professioni in gioco è assolutamente indispensabile perché si raggiungano buoni risultati e perché coloro che lavorano in ambito penitenziario riescano a cogliere davvero il senso del loro lavoro, apprezzandone l’utilità. Non dimentichiamo, infatti, che se l’incidenza del suicidio fra i detenuti è decisamente superiore a quella della popolazione generale, lo è anche, seppure in misura meno marcata, l’incidenza del suicidio fra gli operatori penitenziari, in particolare fra quelli della Polizia Penitenziaria.
//
SU