L’esercito dei martiri si arrende

Cara Bernardini
per anni, una ventina a occhio e croce, ho seguito da vicino le vicende processuali di Berlusconi. Senza contare gli avvocati del Cavaliere credo di essere fra i pochi fortunati (si fa per dire) ad aver letto milioni di atti giudiziari riguardanti le più incredibili, improbabili, inverosimili indagini a suo carico. Ogni volta pensavo che al peggio non c’era fine, e puntualmente venivo smentito. Pur non avendo mai votato Berlusconi in vita mia, a forza di imbattermi in folli inchieste in fotocopia, con un accanimento ad personam senza eguali nel pianeta, sono diventato -sul fronte giustizia più berlusconiano di tanti quaquaraqua di partito insensibili a sbattersi per battaglie garantiste senza se, senza ma, e soprattutto, senza per forza difendere Silvio e solo Silvio, quasi fosse l’unica vittima di una giustizia ingiusta.
Ecco perché l’idea di un partito delle vittime della giustizia, oggi, ha il sapore amaro della beffa e dell’ennesimo escamotage «interessato». Per dirla con i giustizialisti ossessionati dalle leggi su misura. Berlusconi, per quel che gli hanno combinato le toghe, ha avuto coraggio da vendere. Ha combattuto in solitario (con voi radicali) battaglie di verità su carceri e procure, ha preso di petto le correnti politicizzate dei magistrati, ha fatto sognare una riforma seria a quanti erano piombati dentro processi kafkiani, celle gelide e sovraffollate, gogne mediatiche da tagliarsi le vene. Purtroppo, però, alle promesse e ai proclami non ha fatto seguire la rivoluzione sperata. Ecco perché non ci piace questa chiamata alla guerra a poche ore dalla sua dipartita politica. Ha avuto 20 anni per suonare la tromba e lanciare la carica. L’esercito dei martiri della giustizia oggi depone le armi.
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