Giustizia: Corte Costituzionale; niente retroattività per l’ergastolo nel rito abbreviato

No al carcere preventivo come risposta automatica per chi commette un sequestro di persona e niente retroattività per l’ergastolo nel rito abbreviato. Con due sentenze la Corte costituzionale interviene in materia di processo penale con pronunce garantiste. Vediamo i dettagli.
Sequestro di persona. La Consulta (sentenza n. 213 del 18 luglio 2013) ha dichiarata l’illegittimità dell’articolo 275, comma 3, secondo periodo, del codice di procedura penale, nella parte in cui individua la custodia cautelare come unica misura da applicare a chi commette un sequestro di persona per estorsione. Per la Consulta, infatti, è sbagliata la scelta tra carcere preventivo o niente. Bisogna prevedere anche la possibilità di applicare altre misure, qualora, in relazione al caso concreto, risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure. Nel caso specifico si trattava di decidere su un’istanza di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari, proposta da una persona imputata, di sequestro di persona a scopo di estorsione, anche se nella vicenda aveva mantenuto un ruolo defilato.
L’alternativa secca (carcere o niente) è stata bocciata dalla Consulta, che ha sottolineato come il reato può assumere le più disparate connotazioni concrete: dal fatto commesso professionalmente e con modalità efferate all’illecito realizzato da singoli e per altre finalità: le esigenze cautelari potranno trovare, quindi, risposta in misure diverse e meno afflittive della custodia carceraria.
Rito abbreviato. Bocciata la norma retroattiva che eliminava la possibilità di fruire dello sconto di pena a 30 anni (anziché l’ergastolo) previsto per il rito abbreviato, nel caso di condanna all’ergastolo con isolamento. La consulta, con la sentenza n. 210 depositata il 18 luglio 2013, ha, infatti, bocciato l’articolo 7, comma 1, del decreto legge n. 341/2000.
Questa disposizione ha interpretato autenticamente l’articolo 442, comma 2, codice di procedura penale introdotta dal decreto-legge n. 341 del 2000 (sostituzione dell’ergastolo con isolamento con l’ergastolo senza isolamento) a coloro che, pur avendo formulato richiesta di giudizio abbreviato nella vigenza della precedente legge n. 479 del 1999, siano stati giudicati successivamente all’entrata in vigore del decreto legge 341.
Pertanto, con il suo effetto retroattivo, la norma ha determinato la condanna all’ergastolo di imputati ai quali era applicabile il precedente testo dell’articolo 442, comma 2, codice procedura penale e che in base a questo avrebbero dovuto essere condannati alla pena di trenta anni di reclusione e non all’ergastolo.
Il decreto legge n. 341 del 24 novembre 2000 ha stabilito, che nell’articolo 442, comma 2, del codice di procedura penale, l’espressione pena dell’ergastolo è riferita all’ergastolo senza isolamento diurno e che alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno, nei casi di concorso di reati e di reato continuato, è sostituita quella dell’ergastolo.
In seguito a quest’ultima modifica normativa, il giudizio abbreviato consente al condannato di beneficiare della sostituzione della pena dell’ergastolo senza isolamento diurno con quella di trenta anni di reclusione e della sostituzione della pena dell’ergastolo con isolamento diurno con quella dell’ergastolo semplice.
Bocciato l’ergastolo con effetto retroattivo (Il Sole 24 Ore)
La Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità della norma che, introdotta con il decreto legge 341 del 2001, con effetto retroattivo, ha determinato la condanna all’ergastolo di imputati, giudicati con rito abbreviato, per i quali era applicabile la precedente norma, più favorevole, secondo cui la pena era di 30 anni. Con la sentenza n. 210 depositata ieri e scritta da Giorgio Lattanzi, la Consulta ha ritenuto parzialmente fondate le questioni sollevate dalle Sezioni unite penali della Cassazione, nell’ambito di un procedimento riguardante un uomo condannato all’ergastolo per due omicidi.
Decisivo il riferimento alla Corte europea dei diritti dell’uomo, che, con la sentenza Scoppola del 17 settembre 2009, ha ritenuto, mutando il proprio precedente orientamento, che “l’articolo 7, paragrafo 1, della Convenzione non sancisce solo il principio della irretroattività delle leggi penali più severe, ma anche, e implicitamente, il principio della retroattività della legge penale meno severa”, che si traduce “nella norma secondo cui, se la legge penale in vigore al momento della commissione del reato e le leggi penali posteriori adottate prima della pronuncia di una sentenza definitiva sono diverse, il giudice deve applicare quella le cui disposizioni sono più favorevoli all’imputato”.
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