Intervista a Giuseppe Rossodivita: «Se a Strasburgo prevarrà il diritto, l’Italia sarà condannata»

Dalla Rassegna stampa

Giuseppe Rossodivita, uno degli avvocati che ha presentato per i suoi assistiti gli ormai celebri ricorsi alla Corte Europea di Strasburgo che hanno portato alla sentenza Torregiani, non è molto ottimista sulla possibilità che l’Italia eviti le sanzioni europee per le disumane condizioni in cui vivono i detenuti. «Se prevarrà il diritto, l’Italia sarà condannata. Se prevarrà la politica, otterrà una proroga: ma la situazione nelle carceri italiane non è certo conforme a quanto chiede la Corte».

Il ministro della Giustizia Orlando rivendica di aver presentato in Europa una situazione in netto miglioramento: sostiene che si sia abbassato il numero di detenuti in rapporto agli spazi disponibili.
Sui numeri che sono stati presentati a Strasburgo dal ministro ho delle serie perplessità. Non sul numero dei detenuti che sembra essere effettivamente in calo, ma sulla disponibilità di posti nelle strutture carcerarie. Quando Orlando dice che sono 50mila, dato che già in sé contraddice quello che è scritto sul sito del ministero, che parla di 47mila posti, e che è comunque frutto della massima espansione teorica dei posti disponibili, non tiene conto delle sezioni chiuse e dei padiglioni non agibili per vari motivi, tra cui quello che manca il personale disponibile.

Quindi quelli di Orlando sono solo numeri astratti.

Si, sono numeri teorici e su questo sta puntigliosamente cercando di fare luce Rita Bernardini, che faceva parte della Commissione nominata dalla ministro Severino due governi fa. Cosa deciderà Strasburgo? O meglio, il Consiglio d’Europa? Se prevarrà il diritto, come è accaduto finora, non c’è dubbio che in Italia la situazione, rispetto a quella censurata dalla sentenza Torregiani, non è cambiata. Se dovesse prevalere la politica, è possibile che ci sia una proroga. Quello che è escluso è che l’Italia venga considerata adempiente.

Cosa pensa della proposta di risarcimento che il nostro ministro della Giustizia avrebbe portato a Strasburgo?
La proposta italiana sarebbe inaccettabile, una vergogna, non solo per l’entità della cifra di cui si è parlato. ma per il significato che assume quel denaro. Cosa significa? C’è un prezzo per essere torturati? Chiaramente i detenuti che hanno fatto ricorso, lo hanno fatto percorrendo quel tipo di via, già tracciata nell’ordinamento internazionale, che come effetto immediato ha la richiesta di denaro. Ma non è questo lo scopo della battaglia. Quello che si voleva è ciò che si è ottenuto con la sentenza Torregiani, una sentenza-pilota che obbligasse l’Italia a rientrare nella legalità, non solo in quella internazionale, ma anche in quella nazionale in riferimento all’articolo 27 della Costituzione. Che obbligasse giudici e politica a smettere di nascondere la testa sotto la sabbia. Comunque quelle notizie sulla proposta di risarcimento riportate dai giornali sono state smentite dal ministro.

Quanti sono i ricorsi di detenuti italiani alla Corte di Strasburgo?
Le fonti della Corte stessa parlano di circa 3000 ricorsi.

Saranno accolti tutti?
La Corte giudica su ogni singola situazione, ma certo che si può prevedere che una larga parte venga accolta. Ricordiamoci anche che la Corte ha stabilito che sotto i tre metri quadri di spazio a detenuto non è necessario svolgere alcun altro scrutinio, c’è una violazione sicura dell’articolo 3 della Convenzione europea. Punto. Ma questo non significa che sopra i tre metri quadri tutto vada bene. I giudici di Strasburgo, che a differenza di quelli italiani sono molto chiari e pragmatici, hanno fissato parametri e condizioni molto precise al di fuori delle quali si verifica una condizione di illegalità del Paese contro cui viene fatto il ricorso.

Oltre allo spazio sopra i tre metri per detenuto, a cosa guarderà la Corte?
Innanzitutto ai diritti fondamentali, quello alla salute, all’igiene personale, a un vitto sano, il diritto all’aria, alla luce... fine a giungere al necessario percorso rieducativo. Tutto ciò che nelle nostre carceri è spesso inesistente, purtroppo.

Quindi è determinante il tempo che un detenuto trascorre fuori dalla sua cella. Da questo punto di vista la situazione è migliorata?
Da quando i radicali sono fuori delle istituzioni, non siamo più in grado di compiere ispezioni serie in proposito. Come avvocati incontriamo i nostri clienti nelle sale colloqui, e non è certo la stessa cosa. Ci atteniamo a quello che loro ci raccontano e a quanto viene diffuso da "Radiocarcere". Si tende all’obiettivo di far trascorrere ai detenuti almeno otto ore fuori dalla cella, tendenza contrastata dalle condizioni strutturali degli istituti e dalla carenza del personale carcerario. Soprattutto questo secondo punto è un pesante freno. Diversi direttori di carcere ci hanno detto che non hanno modo di assicurare la sorveglianza alla mobilità dei detenuti dalle loro celle. È chiaro che un unico agente può presidiare un corridoio dove nelle celle chiuse ci siano fino a massimo 40 detenuti, ma se queste celle vengono aperte e ci sono 40 persone che circolano liberamente per gli spazi alternativi una persona non basta più. Anche le guardie carcerarie vivono una situazione drammatica: sono costretti ad ore ed ore di straordinario e sono moltissimi quelli che non possono godere delle ferie semplicemente perché non c’è il rimpiazzo.

Ci sono molti suicidi anche tra le guardie carcerarie...
Si, circa il 20% in più rispetto alla popolazione non "ristretta".

E il ricorso alle misure alternative sta aumentando oppure no?
Prima della legge Cirielli e le altre che hanno devastato il sistema penale, almeno secondo noi (mentre secondo altri invece hanno realizzato quello che dovevano: una giustizia di classe forte con i deboli e debole con i forti), le persone che godevano di misure alternative erano circa 54mila in Italia. Dopodiché la situazione è peggiorata moltissimo, eravamo scesi a 12/14mila. Ora il decreto svuota-carceri ha un po’ riaperto le maglie ma veniamo da un decennio in cui praticamente le misure alternative non si davano a nessuno, erano bloccate da ostacoli insuperabili, in particolare per quelle persone che sono state veicolate nell’ambito del penale, soprattutto tossicodipendenti.

Il decreto svuota-carceri in qualche misura funziona?
Un po’, quando si supera l’imbuto del tribunale di sorveglianza. E non lo definisco imbuto per altre ragioni che non sia il semplice intasamento dei casi che gli sono sottoposti. Basta fare un giro davanti al tribunale per rendersene conto: ci sono 80/90 udienze ogni mattina, si discutono situazioni vecchie di mesi, semestri interi, a volte superate dall’attualità... È il sistema che non è in grado di dare risposte degne di un Paese civile.

 

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