Int. a A. Papa - Papa: «Il silenzio della comunicazione sulle carceri»

L’antefatto. Giletti e Klaus Davi tempo fa hanno presentato una splendida proposta per RadioRai: fare un programma su giustizia e carceri. Oltre ai Radicali, anche Alfonso Papa se ne è fatto patrocinatore politico. Qualche giorno fa RadioRai pubblica però il nuovo palinsesto e la proposta su giustizia e carceri si constata cestinata. Al suo posto c’è un programma con Lorella Cuccarini.
Una proposta sul tavolo c’era, ma è stata bocciata. Evidentemente al di là dei proclami di buone intenzioni ai vertici della maggiore azienda culturale pubblica non interessa a sufficienza garantire informazione sulla principale stortura istituzionale italiana, vale a dire la giustizia.
Siamo sicuri che nove milioni di procedimenti pendenti, centottantamila prescrizioni annuali, 40 suicidi di detenuti dall’inizio dell’anno non siano problemi sentiti dalla maggioranza dei cittadini?
Il punto non è l’audience: noi abbiamo una sostanziale carenza di informazione su quello che riguarda le tematiche carcerarie. Per esempio l’altro giorno c’era un ottimo articolo di Luigi Ferrarella sul Corriere, che parlava del lavoro e del recupero per i carcerati, che dimostra come investendo su ciò si possa persino fare economia da spending review. Ma nessuno sta a sentire anche perché il servizio pubblico radio televisivo pagato con il canone di tutti i cittadini fa scelte che sono scorciatoie temporanee per accalappiare qualche radio ascoltatore in più e lascia bellamente scoperte altre importantissime notizie. Un pubblico educato alla sensibilità civile potrebbe anche costituire un’audience alternativa, specie in radio.
Come “Comitato per la prepotente urgenza” (le parole pronunciate da Napolitano in un convegno organizzato il 28 luglio di un anno fà al Senato proprio sull’emergenza carceri, parole cui poi non seguì alcun fatto, n.d.r.) presenteremo una serie di iniziative e proposte concrete di lavoro per i detenuti, come quella di associare la grande distribuzione alla vendita dei prodotti da loro realizzati in carcere, compresa una linea di agro biologico, e poi denunciare come la carenza di investimenti statali nel settore recupero e lavoro per i detenuti e anche gli ex tali si risolve in una gravissima violazione costituzionale. Noi stiamo di fatto in questi giorni svilendo il significato della pena.
Esattamente in questi giorni si sta ratificando in Senato la convenzione europea sulla tortura, dopodichè, anche se non abbiamo mai introdotto il relativo reato nel nostro ordinamento, dobbiamo aspettarci una raffica di condanne dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per il trattamento che infliggiamo a tutti i nostri detenuti. Rispetto a questo, il dovere di un organo pubblico di informazione come la Rai comprende anche il discorso del carcere. Per noi quindi il problema non è la polemica sul programma “bocciato” a Giletti e su quello “promosso” della Cuccarini. Ci limitiamo a constatare che la carenza informativa in materia persiste e che sembra non importare niente a nessuno a viale Mazzini e dintorni.
Con me si sfonda una porta aperta: recuperare quasi 68 mila detenuti per lo stato potrebbe equivalere a più di un punto di prodotto interno lordo e credo che Bobbio abbia detto quelle cose come una provocazione. Il concetto comunque è che si deve investire anche sui detenuti che vogliano emendarsi.
Non voglio credere alla ripicca, non sarebbe da Capo dello stato e non sarebbe neanche da galantuomini come Napolitano. Che peraltro anche io ho criticato quando ha parlato di “condizioni mancanti” per l’amnistia, che pure lui, con quel messaggio alle Camere, che invece non c’è stato, poteva contribuire a creare. Agli amici radicali faccio un invito: uniamo le nostre proposte di legge sulla riforma della carcerazione preventiva e poi al Quirinale ci andremo tutti insieme e non credo che Napolitano non vorrà riceverci.
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